Dal miraggio all'incubo

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50 anni dopo la morte di Stalin, 15 anni dopo la perestroika, 11 anni dopo la scomparsa dell'Urss, dove va la Russia ? - Cercle Léon Trotsky
25 aprile 2003

Secondo loro, la Russia stava per ricollegarsi con il mercato. La sua economia ne sarebbe rivivificata e si sarebbe reintegrata nell'economia mondiale. Si sarebbe visto fiorire una Russia modernizzata su una base capitalistica, con una proprietà privata consolidata e delle imprese funzionanti all'occidentale. Sarebbe finita con il grigio dei negozi di Stato ben poco forniti, sostituiti da negozi pieni zeppi di merci.

In realtà ci furono le lotte tra i clan di burocrati, o le loro "mafie" come si diceva allora nella popolazione, poi tra gli "oligarchi". Questo accadeva al vertice e nelle regioni, di cui alcune erano saccheggiate mentre altre cadevano sotto controllo delle mafie al potere o che se lo contendevano.

Dappertutto ci fu l'esplosione della disoccupazione, un male da tempo dimenticato dalla popolazione. I salari sovietici non erano molto alti ? Ma dopo la scomparsa dell'Urss, in pochi mesi, la popolazione vide questo debole potere d'acquisto sciogliersi come neve al sole sotto l'effetto di un'inflazione galoppante.

Con l'indebolimento del potere centrale, crollava anche la pianificazione centralizzata. Non sparivano necessariamente però tutti i collegamenti che i piani anteriori avevano stabiliti tra le imprese. Queste potevano conservare un certo coordinamento tra di loro solo sulla base delle relazioni stabilite dalla pianificazione tra clienti e subappaltatori. Questi collegamenti diventavano però sempre più deboli man mano che il piano veniva sostituito da un sistema di baratto. Tanto più che la frantumazione dell'Urss aveva innalzato confini di Stato tra imprese complementari.

Questo sistema è sopravvissuto in gran parte fino ad oggi. Ma questo indebolimento dei legami economici ha aggiunto un fattore supplementare di declino della produzione a ciò che era dovuto al saccheggio puro e semplice.

E poi c'era l'altro aspetto, quello della democrazia, di cui si parlava sempre. I burocrati seppero rapidamente servirsi delle elezioni per farsi confermare al loro posto. E nella maggior parte delle enti nazionali o regionali, quello che diventava il presidente era lo stesso che, poco prima, controllava l'apparato di Stato regionale, in generale l'ex primo segretario del PC.

La parola "democrazia" copre qualche volta il regno aperto dei predatori al potere, qualche volta quello delle mafie e dei signori della guerra. L'arrogante arbitrario dei governanti corrotti e ladri non si copriva più col nome di comunismo, ma venne giustificato con l'Islam o col buddismo.

In alcune regioni autonome, preferibilmente poco abitate, ci sono elezioni nella forma dovuta, ma il governatore ha semplicemente comprato una maggioranza degli elettori. E' il caso dell'uomo d'affari mafioso Abramovic, a cui abbiamo già accennato. In Russia, nelle elezioni presidenziale o politiche, non si comprano gli elettori -o non tutti almeno !- ma le reti televisive.

I dirigenti delle grandi democrazie occidentali non hanno mai trovato niente da dire contro l'elezione di Eltsin o di Putin, né contro il fatto che in questa bella democrazia russa Eltsin abbia ordinato di sparare a cannonate sul parlamento , eletto più o meno legittimamente ma che le dispiaceva.

E questo tanto democratico potere conduce da anni una guerra infame in Cecenia. Ma ovviamente non sarà la grande democrazia americana a rimproverarglielo, tanto è vero che anche essa ha in conto una lunga serie di guerre di dominazione, di cui l'ultima è la guerra in Iraq.

Poiché bisogna rispettare le tradizioni, gli ex esponenti dell'Urss e del PC fanno benedire il loro regime dai popi, in Russia e anche in Ucraina. Uno dei più famosi personaggi della democrazia a Mosca è il metropolita ortodosso Alexis che, per i suoi accomodamenti col regime dell'ex-Urss si è conquistato il soprannome di "Metropolitburo" ! E questa nuova democrazia russa, dopo avere preso il visto del titubante ubriaco Eltsin, oggi è incarnata dall'ex capo della polizia politica Putin.

Non si può parlare di tutte la peripezie della vita politica russa. Al livello centrale, è segnata da dodici anni dagli scontri tra apparati, dalle manovre e dai colpi bassi ; è anche segnata dalla decomposizione di fatto della federazione russa in una moltitudine di poteri locali.

Per fare il bilancio, dobbiamo citare lo storico Moshe Lewin che, qualche anno fa, riassunse in questo modo lo stato della Russia: "attualmente, se le istituzioni assomigliano complessivamente al governo di uno Stato, governano in realtà un crescente vuoto politico ed economico. La Russia si sta svuotando della sua sostanza. Una nazione in cui, storicamente, la potenza pubblica ha sempre avuto una parte importante e addirittura onnipotente, così si ritrova praticamente senza Stato. Le leggi non esistono o sono calpestate ; la giustizia è impotente ; le forze armate sembrano truppe di vagabondi, le forze di polizia sembrano banditi ; delle regioni si separano ; alle più importanti il presidente propone uno scambio, e si contrattano diritti speciali per i governatori in cambio di un sostegno politico al presidente ; i salari non sono più pagati ; le tasse non sono più pagate, per frode o in mancanza di risorse ; la popolazione dipende sempre di più dal baratto e dal prodotto dei propri orti."