Una battaglia operaia, comunista e internazionalista

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28 Maggio 2023

Pubblichiamo il testo del discorso tenuto dalla portavoce di Lutte Ouvriére, Nathalie Arthaud, domenica 28 maggio scorso, in occasione della festa annuale dell'organizzazione a Presles, vicino Parigi.

Cari amici, compagni, lavoratrici e lavoratori

A nome di tutti coloro che danno vita a questa festa, vi do il benvenuto! Spero che troverete il calore, la fraternità e la generosità che vanno di pari passo con l'ideale che ci guida: costruire una società libera dallo sfruttamento e dall'oppressione, libera dalla disuguaglianza e dai mille e uno pregiudizi che la accompagnano.

Abbiamo avuto un assaggio di questa fratellanza durante i quattro mesi di mobilitazione che abbiamo appena vissuto. Le manifestazioni, in cui centinaia di migliaia di noi si sono riuniti in tutto il Paese, di tutti i settori e professioni, pubblici e privati, giovani e anziani, ci hanno restituito più di un sentimento di solidarietà: la consapevolezza di formare un campo, una classe sociale, una forza collettiva che aspira a essere rispettata.

Questo non è bastato a far indietreggiare Macron. Non perché sia invincibile, ma perché il nostro campo non ha usato la sua arma principale: lo sciopero che dovrebbe diffondersi da fabbrica a fabbrica e da settore a settore. Lo sciopero che colpisce i portafogli delle grandi imprese e, dietro di esse, i parassiti dell'aristocrazia finanziaria. Lo sciopero che permette ai lavoratori di discutere delle loro questioni, di organizzarsi, di prendere iniziative e di essere temuti.

In questa lotta, siamo stati come il pugile che sale sul ring calcolando e risparmiando le proprie forze. Macron, invece, era deciso a colpire con tutte le sue forze per fare il lavoro richiesto dalla grande borghesia. Era pronto a usare tutte le armi della democrazia borghese: istituzionali, di polizia e giudiziarie. Quindi non abbiamo vinto.

Ma come hanno dimostrato le imponenti manifestazioni del Primo maggio, e come forse vedremo anche il 6 giugno, ci sono ancora centinaia di migliaia di lavoratori che non ammettono la sconfitta: non accettiamo questo obbligo ad altri due anni di lavoro, e naturalmente ci rimetteremo in gioco! Perché non c'è motivo di rassegnarsi alla pensione a 64 anni, così come non c'è motivo di rassegnarsi ai bassi salari, all'inflazione e al peggioramento delle nostre condizioni di lavoro; e direi che non c'è motivo di rassegnarsi allo sfruttamento e al capitalismo!

Lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo non è una legge di natura. Non è naturale che uomini e donne siano costretti a vendere il proprio lavoro e sottomettersi a un padrone, ai suoi umori o ai suoi registri di ordini. Il fatto che l'umanità sia divisa in sfruttati e sfruttatori, ricchi e poveri, paesi ricchi e paesi poveri, è il prodotto della storia, la storia che è storia della lotta di classe, come dicevano Marx ed Engels.

Quindi sì, noi lavoratori dobbiamo scrivere la nostra storia, conducendo consapevolmente la lotta di classe, e conducendola fino in fondo, cioè fino alla nostra completa emancipazione, fino all'abolizione dello sfruttamento, fino al rovesciamento del dominio della borghesia e del suo sistema, il capitalismo.

Gli attacchi della borghesia: l'inflazione

I nostri orizzonti non possono limitarsi alla difesa di questo o quel diritto e alla lotta contro Macron. Ciò che ci minaccia è un intero sistema che ci sta facendo precipitare nella crisi e nella guerra.

Ci troviamo di fronte una classe sociale, la grande borghesia, che non può vivere, che non può prosperare senza attaccare costantemente le condizioni di vita dei lavoratori che sfrutta. La perdita di due anni di pensione si aggiunge all'aumento dei carichi di lavoro, agli orari di lavoro sempre più faticosi e al peggioramento dello sfruttamento. Si aggiunge al peggioramento delle condizioni di vita, con trasporti pubblici, ospedali e scuole in ginocchio.

E poi c'è l'aumento di tutti i prezzi, in particolare di quelli dei generi alimentari. Qui l'impennata dei prezzi sta portando a un aumento delle difficoltà per milioni di famiglie operaie. Ma nelle regioni più povere del mondo, quanti bambini, donne e uomini sono stati condannati alla malnutrizione e alla fame? L'inflazione è uno degli attacchi del grande capitale. Non è una calamità naturale. I prezzi non aumentano da soli: sono fissati dalla fazione più potente dei capitalisti.

L'energia e alcune materie prime stanno aumentando perché Total, Engie, aziende produttrici di cereali come la Cargill, compagnie di navigazione come la CMA CGM approfittano delle carenze create da guerre, virus o siccità per speculare e far salire i prezzi. E quando non trovano una scusa, ne inventano una! Nella maggior parte dei casi, i costi di produzione delle materie prime non sono aumentati, quindi potrebbero essere vendute allo stesso prezzo. Ma poiché gli acquirenti sono pronti a rincarare sull'offerta, i venditori ne approfittano! E poi l'aumento del prezzo di queste materie prime viene trasferito a tutti gli altri prodotti, con altri capitalisti che a loro volta ne approfittano per arrotondare i loro margini... e così via.

Quella che ci viene presentata come una regola matematica, la legge della domanda e dell'offerta, in realtà non è altro che la ricerca di maggiori profitti. È il frutto dell'avidità, uno dei motori più potenti del capitalismo. Nel 2022, la LVMH ha fatto 14 miliardi di utili, la Stellantis 17 miliardi, la Total 20 miliardi, la CMA CGM 24 miliardi... In fondo, l'inflazione non è altro che un furto alle classi lavoratrici, un riscatto aggiunto allo sfruttamento. Si può parlare delle criminalità organizzata e denunciare la mafia calabrese, ma questi criminali non saranno mai alla pari dei capitalisti!

Chi è il padrone?

Il governo si è lamentato dell'inflazione. Sì, quando si tratta delle azioni e dei misfatti della grande borghesia, sa solo lamentarsi: perché è solo uno zerbino di fronte alla grande borghesia. Può imporre e vietare molte cose ai lavoratori, ci può sorvegliarci, controllare quando ci ammaliamo o quando ci troviamo in cassa integrazione o a percepire il RSA (reddito di cittadinanza)... Ma non alza mai la mano contro l'aristocrazia capitalista, semplicemente perché la mano del padrone non si morde.

Ecco perché, di fronte all'impennata dei prezzi e alla pioggia di dividendi, il governo non ha voluto riprendersi anche solo una piccola parte di questi profitti eccezionali attraverso una tassazione straordinaria! Non ha fatto altro che mentire, presentando lo scudo tariffario per l'elettricità e il gas come un regalo ai cittadini. Ma non è un regalo, è un pagamento differito del riscatto imposto dai capitalisti. E lo pagheremo domani sotto forma di rimborso del debito.

Il governo ha lasciato che questi ladri si servissero nelle nostre tasche. Ha lasciato che strangolassero le piccole imprese con bollette moltiplicate per 5 o 10. E questi ladri non sono ricercati dalla polizia, non saranno mai consegnati alla giustizia. Hanno la legge dalla loro parte, la legge della proprietà privata.

La borghesia impera sovrana. I nostri posti di lavoro, le nostre condizioni di vita e di lavoro, il modo in cui mangiamo e viaggiamo, l'aria che respiriamo e il futuro del pianeta dipendono da decisioni prese da poche migliaia di grandi azionisti. È questa la vera negazione della democrazia!

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Dire che Macron sia un monarca è fargli troppo onore! Macron non è altro che un servo della borghesia. La vera negazione della democrazia sta nel potere di coloro che possiedono fortune, che permette loro di dominare la maggior parte dell'economia e di avere, ai loro piedi, una corte di politici, giornalisti, magistrati e intellettuali in grado di modellare l'opinione pubblica secondo i dettami dell'ordine borghese, il suo individualismo, l'arrivismo, il ciascuno per sé.

Lo Stato, la polizia e la giustizia non sono neutrali. Proteggono le fondamenta dell'ordine borghese: la proprietà privata e le leggi del padronato. E questo molti lavoratori lo hanno imparato dalla mobilitazione degli ultimi mesi. È quello che hanno appena sperimentato i lavoratori della fabbrica Verbaudet, nel Nord, in sciopero da due mesi per un aumento salariale di 150 euro. La settimana scorsa una compagnia di polizia li ha allontanati con la forza dal loro picchetto e uno di loro è stato mandato in ospedale. Sì, la polizia è molto più efficace contro gli scioperanti o i manifestanti che nella lotta all'evasione fiscale, alla criminalità dei colletti bianchi, agli incidenti industriali o ai femminicidi!

La dittatura dei capitalisti e dei finanzieri prevale su tutto il resto e, finché questa dittatura non sarà rovesciata, non ci potrà essere un buon Presidente della Repubblica, una buona Costituzione e un buon Parlamento. Non basta quindi denunciare i burattini e le guardie del corpo della borghesia, bisogna affrontare la borghesia, il suo capitale e il suo potere di danneggiare l'intera società!

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Minacce di guerra: no alla sacra unione!

Siamo di fronte a un intero sistema che ci spinge anche alla guerra. Un anno e mezzo fa, la guerra ha colto di sorpresa gli ucraini. Operai, contadini, impiegati, lavoratori come noi, sono stati gettati nell'orrore della guerra. Alcuni si sono ritrovati in divisa, addestrati a maneggiare le armi. Altri hanno dovuto fuggire dalle loro città devastate, andare in esilio o imparare a convivere con il rumore dei raid aerei e dei bombardamenti.

Da allora, gli ucraini contano i morti e i feriti, le città e i villaggi distrutti. Da parte russa, Putin cerca carne da cannone con ogni mezzo, e alcune regioni sono costrette ad aprire nuovi cimiteri. È una tragedia, un enorme passo indietro per il popolo ucraino e per quello russo. Questa guerra è diventata un rumore di fondo, un altro dramma a cui ci siamo abituati. Ma dobbiamo renderci conto che potrebbe accadere anche a noi.

I venti di guerra si fanno sempre più sentire. Non solo per la guerra in Ucraina e il rischio di escalation militare. Ma anche perché gli Stati Uniti e, dietro di loro, gli imperialisti di secondo piano, tra cui la Francia, stanno preparando l'opinione pubblica alla possibilità di una guerra con la Cina. E non stanno preparando solo l'opinione pubblica: tutti i Paesi si stanno riarmando a rotta di collo. Stanno aumentando le spese militari e, spiegano, vogliono passare a un'economia di guerra.

Macron ha stanziato quasi 16 miliardi in più all'anno per l'esercito, l'equivalente della somma che vuole recuperare facendoci lavorare due anni in più. Munizioni di ogni tipo, carri armati, missili, jet da combattimento... le fabbriche di armi stanno assumendo e funzionano a pieno ritmo, per la gioia dei capitalisti delle armi Dassault, Nexter, Naval Group, Thales, Safran...

La guerra è una delle minacce più gravi che incombono sulle nostre teste, eppure è la questione politica meno dibattuta. Anzi, il silenzio dei partiti di opposizione è assordante, e se tacciono è perché non hanno nulla da dire sulle politiche di Macron.

Sulla consegna di armi all'Ucraina e, quindi, sulla partecipazione della Francia, sono ampiamente d'accordo con Macron, dal RN dela Le Pen alla France Insoumise di Mélenchon. Al massimo, alcuni aggiungono al loro accordo qualche professione di fede pacifista. Ma tutti tacciono sulle responsabilità e gli obiettivi degli Stati Uniti e delle altre potenze imperialiste occidentali in questa sequenza micidiale.

I media ci propinano propaganda 24 ore al giorno. Per loro è semplice: i pazzi pericolosi, gli aggressori e gli autocrati che devono essere fermati sono solo Putin e Xi Jinping. Chi denuncerà questa propaganda di guerra? Chi farà notare che, anche dopo il crollo dell'URSS, gli Stati Uniti hanno usato il loro potere economico, i loro dollari e la loro alleanza militare, la NATO, per esercitare pressione sulla Russia e portare i Paesi vicini nella loro orbita? Chi spiegherà che gli ucraini sono ostaggi e vittime di una guerra più grande di loro: una guerra imperialista tra due bande di banditi pronti a uccidersi a vicenda per dominare un territorio?

Se la guerra dovesse dilagare, i cosiddetti responsabili dell'opposizione finirebbero per mettersi sull'attenti davanti a Macron per difendere gli interessi dell'imperialismo francese. Proprio come hanno sempre fatto i loro antenati politici: questo si chiama sacra unione. Noi forse siamo gli unici, ma non saremo uniti dietro Macron!

Il governo non diventa amico dei lavoratori quando si tratta di relazioni internazionali. Sia in politica interna che estera, difende sempre gli stessi interessi: quelli della borghesia imperialista francese. Per giustificare i suoi interventi militari, lo Stato francese brandisce sempre grandi principi, la libertà, i diritti dei popoli, la democrazia... grandi principi che è il primo a disattendere in tutto il mondo. Grandi principi che, nella loro bocca, suonano altrettanto ingannevoli di quando ci parlano qui di liberté, égalité, fraternité!

Non dobbiamo quindi essere i bravi soldatini di Macron e delle grandi imprese, né per le pensioni, né per la guerra. Nessun sostegno alla politica bellicosa del governo francese! No alle forniture di armi! No al raddoppio del bilancio della difesa! No al militarismo e al nazionalismo!

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Dietro a tutto questo rumore ci sono interessi imperialisti. Il desiderio di Biden di indebolire la Russia e di mettere la Cina sulla lista nera sono l'espressione politica e militare delle loro rivalità economiche. In questo sistema capitalistico, la guerra è un'estensione della guerra economica condotta dalle grandi imprese per controllare le materie prime e le catene di produzione e assicurarsi i mercati su scala globale. È il risultato di calcoli e lotte di potere permanenti tra gli Stati e gli interessi capitalistici che essi rappresentano.

In ogni guerra sentiamo parlare di aggressori e aggrediti, ma tutte le grandi potenze, e vi includo Cina e Russia, si attaccano costantemente a vicenda nell'arena economica e politica. Il più forte regna sovrano, schiacciando il più debole. Anche in tempo di pace, le grandi potenze impongono il loro dominio economico sui Paesi più poveri e uccidono centinaia di migliaia di uomini e donne senza sganciare una sola bomba: semplicemente appropriandosi delle risorse naturali, trasformando tutto in profitto, speculando sul prezzo del riso o del grano e affamando intere regioni!

E quante volte gli Stati Uniti o le potenze della vecchia Europa, che si vantano di essere potenze amanti della pace, hanno invaso militarmente o bombardato un Paese per rovesciare un regime a loro ostile? E noi dovremmo scegliere da che parte stare tra tutti questi banditi? Il campo in cui ci collochiamo è quello dei lavoratori di tutti i Paesi!

La nostra unica prospettiva deve essere quella di salvarci, di lottare contro le classi dominanti che non si accontentano di sfruttarci, ma vogliono metterci contro gli altri lavoratori. Questa è la prospettiva della fraternizzazione con i nostri fratelli di classe. Significa brandire, ancora e sempre, l'appello di Karl Marx: "proletari di tutti i paesi unitevi" per la rivoluzione operaia!

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Danni al pianeta

Il rovesciamento del capitalismo è essenziale se vogliamo assicurare un futuro al pianeta e all'umanità intera. Guardate gli enormi incendi in Canada, le piogge torrenziali e le inondazioni che stanno causando ovunque, in Italia, in Sud America e in Birmania. La siccità è storica, e non solo in Francia, ma anche nel Sud-Est asiatico e in Africa. La scorsa settimana sono stati registrati 48 gradi in Ciad e 50 gradi in India e Pakistan. 34 milioni di persone sono state sfollate a causa di disastri legati al clima. Quante ce ne saranno ancora domani?

Sì, il riscaldamento globale, frutto dell'inquinamento, sta stravolgendo la vita dell'umanità. Ed è tutta colpa di una società in cui i profitti e i prezzi delle azioni sono sempre al primo posto. Non possiamo quindi affrontarlo senza mettere in discussione le basi stesse del nostro sistema economico: la proprietà privata, la concorrenza e la corsa al profitto.

Tutti i governi parlano ora di industria a basse emissioni di carbonio o verde. Ma attenzione, non obbligano i produttori a inquinare di meno: li incoraggiano inondandoli di miliardi!

Nonostante le promesse, l'Unione Europea e la Francia non hanno ancora vietato il glifosato in agricoltura, un pesticida indubbiamente cancerogeno. E perché? Perché ridurrebbe la produttività agricola europea del 20-30%. I problemi di inquinamento possono essere affrontati da tutti i punti di vista: si torna sempre a questioni di rendimento e competitività! E tutto si riconduce allo spreco causato dalle leggi del mercato e della concorrenza. Perché in questo sistema nulla è organizzato, concertato o pianificato. È il regno dell'iniziativa individuale, della sacrosanta libertà di investimento.

Basta guardare i miliardi di dollari che si stanno riversando sul mercato delle auto elettriche. Nel frattempo, il mercato edilizio sta crollando. Nell'industria farmaceutica, le carenze si moltiplicano, costringendo le famiglie malate a correre da una farmacia all'altra per trovare paracetamolo, un antiepilettico o persino un antinfiammatorio.

Da un lato, la società è capace di favolosi progressi medici; dall'altro, è incapace di fornire farmaci di base che sono disponibili da secoli. È un pasticcio e uno spreco senza nome, semplicemente perché l'economia capitalista è un casinò in cui nulla è organizzato, previsto o pianificato.

Certamente, è di moda tra i governi parlare di pianificazione. Ma cosa stanno pianificando? Il riarmo. La pianificazione più avanzata oggi è quella della produzione di munizioni, carri armati e missili. Più ingiustizia, più disuguaglianza, più guerre: ecco cosa hanno in serbo per noi e per i nostri figli i capitalisti e i loro servi politici. Quindi, alla proprietà privata di un'esigua minoranza, dobbiamo opporre la prospettiva della collettivizzazione dei principali mezzi di produzione. Alla concorrenza e al mercato cieco dobbiamo opporre la cooperazione e la pianificazione. Al capitalismo dobbiamo opporre la prospettiva rivoluzionaria del comunismo!

Contro tutti i politici che si presentano come messia

Solo una minoranza è consapevole della necessità e della possibilità di un tale sconvolgimento. Anche le persone che lavorano duramente e sono consapevoli di dover condurre la lotta di classe contro i padroni non si ritengono in grado di arrivare a rovesciare la classe capitalista e a prendere il potere in prima persona. E come sarebbe possibile quando tutti i politici si presentano come il messia? Guardate come la Le Pen, che si è tenuta lontana dalla mobilitazione sulle pensioni, si è affrettata a dire che il popolo ha ancora un modo per abolire la pensione a 64 anni: può votare per lei nel 2027, perché abrogherà la legge. Tutte queste sono solo sciocchezze!

Si può tornare indietro su questa legge solo facendo pagare la grande borghesia in un modo o nell'altro, e Le Pen è troppo legata all'ordine capitalista e ai più ricchi per farlo. Anche per garantire un aumento salariale del 10%, propone di prenderlo non dai profitti ma dai contributi sociali!

Quindi, se la Le Pen sarà eletta, farà quello che la borghesia le chiederà di fare, come gli altri, con l'aggiunta della sua politica anti-immigrati, una politica che semina divisione e indebolisce i lavoratori, e che rafforza i razzisti e gli xenofobi, anche nelle file della classe operaia. Questo la colloca perfettamente nel campo del capitalismo.

Mélenchon, da parte sua, non può dire "aspettate il 2027 che io sia eletto", perché non è sicuro di essere il candidato della Nupes, la "Nuova unione popolare ecologista e sociale" che è il nuovo nome dell'unione dei partiti di sinistra, ammesso che la Nupes resista fino alle prossime elezioni presidenziali. Ma è chiaro che lo pensa, e se non è lui a dirlo, lo dicono i dirigenti della France insoumise, del PS o del PCF: preparatevi a votare per l'unione delle sinistre e sarete salvi! Ma ci dovrebbero spiegare perché la sinistra al potere non ha mai invertito i passi indietro imposti dalla destra.

Jospin non è tornato indietro sulla riforma Balladur che ha posto fine ai 37,5 anni di contributi richiesti per andare in pensione, e Hollande non è tornato indietro sulla riforma Sarkozy che aveva già spostato l'età pensionabile da 60 a 62 anni. Peggio ancora, Hollande ha aggiunto a tutto questo la riforma della sua ministra Touraine, che ha esteso a 43 anni il periodo contributivo.

Al potere, i partiti di sinistra si sono sempre piegati ai dettami della borghesia. Sono stati incapaci di affrontarla. E questo è vero ancora oggi, quando sono al governo di grandi municipi, province o regioni. Perché la lotta contro la classe capitalista non è una lotta che può essere combattuta a metà.

Per poter resistere alle pressioni della grande borghesia, bisogna essere pronti a combatterla fino in fondo, cioè fino all'espropriazione di ciò che costituisce la base del suo dominio: il suo capitale.

Dobbiamo essere convinti che la società può funzionare senza questo strato di parassiti. Convinti che non sono i lavoratori a dipendere dalla borghesia, ma che è la borghesia a dipendere da noi per tutto, non solo per i suoi profitti, ma anche per mangiare, spostarsi, crescere, educare e curare i suoi figli. Dobbiamo convincerci che la borghesia e la sua sacrosanta proprietà privata meritano solo una cosa: essere rovesciate e sostituite dai lavoratori stessi, che sapranno come gestire la società che già fanno funzionare dall'inizio alla fine!

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È questa consapevolezza che deve diffondersi. Ciò è possibile solo quando i lavoratori si mobilitano. Per i dirigenti sindacali, le manifestazioni e gli scioperi devono servire a dimostrare ai dirigenti politici che bisogna fare i conti con loro. Dal loro punto di vista, nonostante i 64 anni imposti ai lavoratori, la mobilitazione contro la riforma delle pensioni è stata un vero successo: hanno ottenuto adesioni e sono stati quasi pregati di tornare nei salotti della prima ministra a Matignon. Per i lavoratori che hanno scioperato e manifestato, per i netturbini e i lavoratori domestici, gli insegnanti e gli addetti alle fognature, per i ferrovieri e gli impiegati dei supermercati, le mobilitazioni hanno aperto una prospettiva completamente diversa.

Durante le mobilitazioni, i lavoratori imparano molte cose; scoprono che, al di là della diversità di situazioni, professioni, settori di attività e delle differenze di sesso, origine e colore della pelle, costituiscono una classe sociale che vive e vibra con le stesse aspirazioni. Al di là delle loro esperienze e dei loro punti di vista politici diversi, persino opposti, i lavoratori stanno scoprendo la loro forza collettiva.

Quando la mobilitazione è guidata democraticamente dai lavoratori stessi, essi scoprono la loro capacità, non solo di agire ma soprattutto di prendere iniziative e organizzarsi per realizzarle. È anche in momenti come questi che possono pensare fuori dagli schemi, evolversi e cambiare.

È con l'azione che i lavoratori possono rendersi conto di rappresentare una forza politica; una forza politica capace di difendersi, ma anche di conquistare diritti, come nel 1936 e nel 1968; una forza politica capace di manifestare pacificamente per mesi e mesi, ma anche di insorgere, prendere le armi e sostituire un governo borghese, come nella Comune di Parigi del 1871.

Sono una forza politica capace di fermare una guerra mondiale, come è accaduto ancora una volta in Russia, di rovesciare lo zar nel febbraio 1917 e di instaurare il potere operaio nell'ottobre 1917.

Sì, è proprio in momenti come questi che i lavoratori possono cogliere in massa le idee rivoluzionarie. Ed è per questi momenti che è essenziale lottare oggi per l'esistenza di un partito comunista rivoluzionario; un partito comunista rivoluzionario capace di armarsi di tutto il capitale politico che dirigenti rivoluzionari come Marx, Lenin, Rosa Luxemburg e Trotsky hanno tratto dalla lunga e ricca storia del movimento operaio. Quindi, lo vedete, il nostro orizzonte non sono le elezioni, ma la prospettiva rivoluzionaria, il potere dei lavoratori e una società comunista.

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Internazionalismo

Questa prospettiva comunista rivoluzionaria va di pari passo con l'internazionalismo. L'idea che dobbiamo proteggerci dal resto del mondo dietro confini sempre più difficili da attraversare è profondamente reazionaria e pericolosa per il mondo del lavoro. L'estrema destra, la destra e il ministro degli Interni Darmanin ripetono continuamente che "le frontiere sono dei setacci". Un'affermazione ripresa senza esitazione da Fabien Roussel del PCF!

Come si può osare dire questo quando decine di migliaia di uomini e donne muoiono ogni anno nel tentativo di attraversare i mari, le montagne e i muri di filo spinato che stanno sorgendo in tutto il continente europeo? Quando centinaia di migliaia di persone non possono più nemmeno visitare le loro famiglie in Francia perché i visti sono impossibili da ottenere?

Guardate dove ci porta oggi la retorica anti-immigrati nell'isola di Mayotte! L'operazione di polizia di Darmanin non è solo una caccia ai poveri, i cui rifugi sono stati distrutti e che rischiano di essere espulsi, ma è anche un'operazione per incitare gli abitanti contro i comoriani, che sono stranieri e clandestini solo perché la Francia coloniale ha manovrato 50 anni fa per staccare Mayotte dalle Comore, creando una frontiera artificiale tra quello che un tempo era lo stesso territorio e lo stesso popolo.

Non dobbiamo essere complici di questa politica criminale, né a Mayotte, né qui in Francia! Non dobbiamo barricarci contro lavoratori che sono più poveri di noi! Non ci tocca fare la guerra tra lavoratori!

L'unica strada da percorrere è quella di combattere insieme i responsabili della miseria e della guerra. È con questa battaglia che faremo regredire il nazionalismo, la xenofobia, il razzismo e la misoginia, e consegneremo tutto questo ciarpame alla pattumiera della storia.

Qualunque sia la loro origine, qualunque siano i loro documenti, qualunque sia il colore della loro pelle, tutti i lavoratori hanno il loro posto nella lotta e nelle organizzazioni operaie. E lo devono prendere!

I nostri legami con i lavoratori di tutto il mondo sono un bene considerevole per tutti noi: è ciò che aiuterà una rivolta, nata in un paese, a diffondersi. È ciò che aiuterà la nostra lotta a diventare quella di tutti gli oppressi del mondo. È ciò che ci permetterà di realizzare un altro mondo, un mondo in cui sarà l'internazionale la futura umanità.