150 anni fa la Comune di Parigi del 1871

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18 mrzo 2021

Relazione del circolo Lev Trotsky del 18 marzo 2021

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150 anni fa la Comune di Parigi del 1871

Centocinquanta anni fa la Comune di Parigi incarnò, durante la sua breve esistenza, le speranze del mondo operaio. Celebrando la sua memoria vogliamo ricordare le lezioni che ne hanno tratto Marx ed Engels e, dopo di loro, Lenin e Trotsky.

Fu un evento fondamentale dal punto di vista del movimento operaio, perché per la prima volta nella storia, per due mesi, da marzo a maggio 1871, il proletariato esercitò il potere a Parigi che allora aveva quasi due milioni di abitanti.

Marx e la Comune

Marx la vide subito come un'esperienza storica di immenso significato, un notevole passo nella lotta di classe reale del proletariato, "molto più importante", aggiunse poi Lenin, "di centinaia di programmi e ragionamenti". Anche se fu ferocemente repressa, la Comune fu una pietra miliare nella storia del movimento operaio, che potenziò indicando la via della rivoluzione sociale. Il Manifesto Comunista, scritto nel 1848, aveva già dimostrato teoricamente la necessità della dittatura del proletariato. Ma Marx ed Engels non avevano cercato di specificare quale forma concreta avrebbe preso il potere dei lavoratori. Il loro metodo, scientifico, materialista, si basava sull'esperienza reale delle lotte di classe passate e su quella del proletariato che si stava svolgendo sotto i loro occhi. Da questo punto di vista, la Comune di Parigi costituì un immenso progresso che permise loro di chiarire le proprie idee sullo stato operaio.

La Comune nacque mentre in Francia la Terza Repubblica era stata proclamata pochi mesi prima, sulle rovine dell'Impero di Napoleone III. La Repubblica non suscitava gli stessi sentimenti tra i proletari e tra i borghesi. Per i proletari, doveva essere sociale, egualitaria e difendere il popolo. Ma per la borghesia, che aveva preso il potere, si trattava solo di preservare gli interessi dei possidenti e di mettere a tacere le speranze che la caduta di Napoleone aveva suscitato nelle classi lavoratrici. Fu questo antagonismo di classe che portò alla rottura tra il governo borghese e il proletariato, al loro confronto e alla nascita della Comune.

Il proletariato parigino fu quasi il primo a sorprendersi quando si trovò con il potere in mano. Ma dimostrò quanto era capace di fare a meno della grande borghesia e del suo stato. Appena eletta, la Comune avviò delle riforme sotto molti aspetti: la riorganizzazione dell'amministrazione e dei servizi pubblici, il lavoro, l'educazione, la casa, il ruolo della religione e quello della donna, ecc. Nei due mesi della sua esistenza, non ebbe il tempo di completare i suoi progetti, perché dovette difendersi dalle truppe inviate dal governo borghese per schiacciare quella che considerava e presentava come un'impresa "criminale". La lotta per la sopravvivenza ebbe la precedenza su tutti gli altri compiti, ma non si può non essere colpiti da tutto ciò che la Comune intraprese, anche se poche misure andarono oltre lo stadio di un progetto. Per la prima volta, un governo proletario non agiva più nell'interesse della minoranza privilegiata che dominava la società, ma nell'interesse della maggioranza della popolazione. Questa era una vera rivoluzione!

Marx stava a Londra quando fu proclamata la Comune. Come militante dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, cercava di darle un programma rivoluzionario coerente. Fu la prima organizzazione internazionale ad unire i socialisti di diverse convinzioni e di diversi paesi in una lotta comune, e quando seppe degli eventi di Parigi, Marx lodò l'eroismo dei comunardi "che salivano all'assalto del cielo". Secondo lui, la principale opera della Comune stava nel fatto stesso di essere esistita. "Il suo vero segreto", scrisse, "era questo: era essenzialmente un governo della classe operaia, il risultato della lotta della classe dei produttori contro la classe degli sfruttatori, la forma politica finalmente trovata che consentiva l'emancipazione economica del lavoro".

Tuttavia, la Comune finì prematuramente, violentemente repressa dalla borghesia. Fu definitivamente schiacciata dall'esercito in pochi giorni, massacrata durante la "settimana di sangue" di fine maggio 1871. Ma alcune sconfitte non sono vane e l'eroismo del proletariato parigino, che lottò fino alla fine, contribuì alla sua gloria. Un mese prima, vedendo arrivare il pericolo, Marx aveva scritto: "L'insurrezione parigina, anche se sarà sconfitta dai lupi, dai porci e dai cani della vecchia società, è la più gloriosa conquista del nostro partito dall'insurrezione parigina del giugno [1848]".

Le origini della Comune

La rivoluzione del 1848

Nel giugno 1848, solo ventitré anni prima della Comune, la borghesia e il proletariato si erano già trovati di fronte in due campi avversi, dopo aver rovesciato insieme la monarchia di luglio.

Nel febbraio 1848, mentre il proletariato costruiva barricate a Parigi e spingeva il re ad abdicare, i rappresentanti della borghesia si precipitarono al Palazzo di Città per prendere il potere e formare un governo provvisorio. Gli operai festeggiarono allora questo nuovo governo che comprendeva persino due socialisti, ufficialmente incaricati dell'organizzazione del lavoro. Il governo aprì gli Ateliers nationaux (Le Officine nazionali) per dare lavoro ai numerosi disoccupati.

Ma la borghesia non poteva accettare a lungo di rimanere sotto la minaccia dei lavoratori in armi. Non poteva accettare che dicessero la loro nel governo o nell'organizzazione della società! Quattro mesi dopo, nel giugno 1848, questi stessi repubblicani borghesi, dopo aver preparato il loro colpo di stato, provocarono i lavoratori. Chiudendo le Officine Nazionali, li spinsero all'insurrezione e fecero un bagno di sangue a Parigi, quasi 4.000 morti, poi altri 1.500 fucilati e più di 10.000 condannati alla prigione o alla deportazione in Algeria.

Le giornate di giugno avevano dimostrato la necessità per il proletariato di difendere i propri interessi di classe e di organizzarsi indipendentemente dalla borghesia. Il movimento operaio aveva conservato e trasmesso la lezione di questi eventi alla nuova generazione. Da parte sua, la borghesia conservava una forte paura delle "classi pericolose", come le chiamava.

Le trasformazioni del Secondo Impero

Luigi-Napoleone Bonaparte fu eletto presidente della Repubblica sulla scia della controrivoluzione del giugno 1848. Vinse un plebiscito presentandosi come un arbitro al di sopra delle classi. Poi confiscò tutto il potere con un colpo di stato, il 2 dicembre 1851. Dopo essersi proclamato imperatore con il nome di Napoleone III - Victor Hugo lo soprannominò Napoleone il piccolo! - fece a tutti, contadini, operai, piccoli borghesi, la promessa che avrebbe governato nel loro interesse. Ma il suo regno fu in realtà un momento di stretta collaborazione tra lo Stato e la grande borghesia.

Nel 1864, la concentrazione del capitale e il peso acquisito dalle grandi imprese furono simboleggiati dalla creazione del Comitato delle ferriere, il cui dirigente Eugène Schneider, capo delle fabbriche di Le Creusot, reggente della Banca di Francia e presidente della Société générale, era anche il presidente della Camera dei Deputati. L'imperatore, pur riservandosi la nomina dell'esecutivo ed esercitando la sua dittatura, aveva istituito un'assemblea legislativa e tollerato elezioni comunali in gran parte truccate. Capitalisti come Schneider, banchieri, furono nominati ministri, eletti deputati e sindaci. Il mondo della politica si stava intrecciando sempre di più con quello degli affari. Inoltre, per alcuni avvocati, giornalisti e notabili, la politica divenne un buon mezzo per legarsi all'alta borghesia e arricchirsi. Sotto l'Impero, la corruzione era diffusa e spesso oggetto di scandalo, una pratica che in seguito non è mai cessata, sotto tutte le Costituzioni fino ad oggi.

Adolphe Thiers, il futuro capo del governo che avrebbe schiacciato la Comune, era il modello perfetto di questi politici. Piccolo borghese entrato in politica nel 1830, opportunista e ambizioso, fece carriera sia dalla parte dell'opposizione che da quella del governo, a seconda dell'umore del momento, più spesso monarchico che repubblicano. La sua unica lealtà era verso le classi dominanti, verso la proprietà, verso la Chiesa, in una parola verso l'ordine stabilito. Contemporaneamente non aveva dimenticato di arricchirsi e fu accusato di appropriazione indebita. Nel 1848, dichiarò di essere un membro del "partito dell'ordine" e chiese l'intervento dell'esercito contro i lavoratori.

Il capitalismo stava trasformando la società. Sotto l'Impero si svilupparono le banche, con la creazione del Crédit Foncier, del Crédit Lyonnais e della Société Générale. Il boom industriale e commerciale era senza precedenti. Tuttavia, l'industrializzazione era ancora limitata ad alcune regioni: il nord della Francia, l'Alsazia, la valle del Rodano tra Lione e Marsiglia e la regione di Parigi. Le città operaie stavano crescendo, con Roubaix che raggiunse 75.000 abitanti nel 1870, Lilla 160.000, Marsiglia e Lione intorno ai 300.000. Nel 1860, Parigi era passata da dodici a venti quartieri, assorbendo in un colpo solo le sue periferie, per raggiungere quasi due milioni di abitanti.

Il proletariato si sviluppa e si organizza

A Parigi, ampi settori della piccola borghesia erano in fase di proletarizzazione, specialmente gli artigiani e i commercianti minacciati dal progresso dell'industria. Molti dipendevano da padroni più importanti di loro e molti impiegavano solo uno o pochi lavoratori, ai quali erano più vicini che non alla ricca borghesia. Il proletariato stava crescendo. Gli operai e gli impiegati lavoravano per lo più in piccole officine. Anche il lavoro a domicilio era ancora comune. Con il progresso delle macchine, anche le donne e i bambini furono sfruttati dai capitalisti: nel 1868, quasi 100.000 bambini tra i 5 e i 12 anni lavoravano nelle fabbriche parigine.

400.000 contadini delle campagne furono assunti come operai per i giganteschi lavori del prefetto Haussmann negli anni 1860. Trasformò la capitale e, dicendo a Napoleone III di "difendere Parigi dall'invasione dei lavoratori delle province", allo stesso tempo cacciò i lavoratori dai quartieri ricchi.

Tra i proletari c'erano anche le portinaie e il personale delle case borghesi, le cameriere e le balie. Il proletariato e la piccola borghesia condividevano così la stessa vita nei quartieri popolari: Montmartre, Belleville, Charonne, la Bastiglia, la Villette e altri.

Nelle città operaie più piccole, qualche volta il proletariato rappresentava una parte importante della popolazione. Le Creusot, la roccaforte di Schneider, con 23.000 abitanti nel 1866, ne è l'esempio perfetto: le sue miniere e le sue fabbriche contavano quasi 10.000 operai e minatori, che lavoravano dodici ore al giorno e la cui speranza di vita non superava i 24 anni.

Il Secondo Impero sorvegliava strettamente i lavoratori. Nel 1854 fu introdotto il libretto del lavoro, sul quale venivano registrati i lavori svolti e che forniva ai padroni e alla polizia informazioni su ogni lavoratore. Associazioni e scioperi erano proibiti. Per un decennio, il movimento operaio si sviluppò attraverso società clandestine e giornali clandestini. I militanti erano ricercati dalla polizia, spesso arrestati, condannati e imprigionati.

Poi il governo, in cerca di popolarità, cercò di allentare le regole in modo paternalistico, brandendo alternativamente la carota e il bastone. Nel 1862 furono autorizzate le società di mutuo soccorso. Nello stesso anno, l'imperatore permise a una delegazione di lavoratori di andare all'esposizione universale di Londra. Lì incontrarono militanti del movimento sindacale e socialista inglese e tornarono con un programma rivendicativo: tra le altre cose, chiesero una migliore rappresentanza dei lavoratori nelle elezioni e il diritto di coalizione. Nel 1864, quest'ultimo fu concesso, e gli scioperi divennero possibili, a condizione che i lavoratori non violassero la già sacrosanta "libertà del lavoro". Le cooperative e poi le camere sindacali furono autorizzate nel 1866 e nel 1868, ma non i sindacati all'interno delle imprese. Nel 1868, anche il controllo della stampa e delle riunioni fu allentato, ma i giornali furono ancora soggetti a censura e i loro redattori erano spesso perseguiti.

Tuttavia, gli ultimi anni dell'Impero videro un rapido progresso nello spirito di lotta e nell'organizzazione dei lavoratori. Gli scioperi dei lavoratori del bronzo, dei fonditori di ferro, dei tintori, dei rilegatori e altri fecero scalpore. Ci furono anche scontri sanguinosi con la polizia: tredici morti a La Ricamarie nel giugno 1869; quattordici a Aubin nell'ottobre dello stesso anno. Nell'aprile del 1870, scoppiò uno sciopero in Le Creusot. I lavoratori chiedevano di potere gestire in proprio il loro fondo di soccorso, detenuto dal padrone. Schneider arrivò da Parigi con 3.000 soldati per costringere gli operai a riprendere il lavoro; i tribunali emisero sentenze di detenzione e un centinaio di operai furono licenziati.

Socialisti, blanquisti, proudhoniani

Il progresso dell'organizzazione dei lavoratori fu accompagnato dalla crescente influenza delle idee socialiste. Il socialismo scientifico di Marx non aveva ancora acquisito un peso preponderante tra le molteplici tendenze, eredi delle tradizioni socialiste della prima metà del secolo, in particolare quelle legate a Blanqui e Proudhon.

Blanqui, seguendo le orme di Babeuf che, alla fine della Rivoluzione francese, si era sollevato contro la borghesia, aveva aderito alle società segrete repubblicane che cospiravano per prendere il potere. Per tutta la sua vita, rimase convinto che un piccolo gruppo di uomini determinati dovesse prendere il potere con un colpo di forza armato, in nome delle classi popolari, e poi consegnarglielo. Agì secondo le sue convinzioni ogni volta che la situazione politica gli sembrava favorevole, per cui fu imprigionato durante gran parte della sua vita, e fu rispettosamente chiamato "il rinchiuso". Dopo il giugno 1848, nel suo famoso Brindisi di Londra, avvertì i proletari: "Chi ha ferro ha pane! Ci si inchina davanti alle baionette, si spazzano via le folle disarmate. La Francia irta di lavoratori armati è l'avvento del socialismo". La sua autorità morale era grande, e molti socialisti francesi lo rivendicarono come loro ispiratore e facevano riferimento a lui all'epoca della Comune.

L'altra importante corrente dell'epoca era legata a Proudhon, che morì nel 1865. Le idee di Proudhon erano influenti, specialmente a Parigi, tra gli artigiani e i commercianti proletarizzati. Proudhon era l'autore della famosa frase "La proprietà è un furto". Ma a differenza di Marx, che aveva discusso con lui all'inizio, egli sperava di arrestare lo sviluppo del capitalismo, e quindi l'impoverimento e la proletarizzazione della piccola borghesia. Difendeva la libertà d'impresa, la piccola proprietà di fronte alla grande proprietà e, solo in una certa misura, le cooperative operaie per sfuggire alla concorrenza delle imprese capitaliste. Così pensava che si potesse arrestare il corso della storia.

Le idee di Proudhon furono tanto più influenti tra i piccoli artigiani e i loro dipendenti, in quanto saper leggere e scrivere era spesso necessario per diventare apprendista, e fu soprattutto attraverso questa minoranza di giovani lavoratori con la propensione allo studio che le idee socialiste conquistarono il proletariato. Il rilegatore Eugène Varlin, figura emblematica del movimento operaio dell'epoca e della Comune, è un buon esempio: ebbe la fortuna di andare a scuola fino all'età di tredici anni e mantenne la sua passione per la lettura mentre iniziava il suo apprendistato come rilegatore, nello stesso momento in cui si impegnava nella lotta per il socialismo.

L'Associazione internazionale dei lavoratori

Accanto alle varie tendenze e, in un certo senso, con l'obiettivo di federarle, nel settembre 1864 fu fondata a Londra l'Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIT), che divenne nota come L'Internazionale.

Marx stese il suo statuto e il suo discorso inaugurale su richiesta dei militanti che avevano preso l'iniziativa. Fu un luogo di confronto per le idee. Progressivamente si fecero strada concezioni più moderne, legate alle lotte del proletariato, per esempio il riconoscimento della necessità degli scioperi, che Proudhon contestava. L'Internazionale portò avanti l'obiettivo di collettivizzare la terra, le miniere e i mezzi di trasporto. Affermando la necessità dell'emancipazione dei lavoratori da parte dei lavoratori stessi, cercò di creare sezioni nelle città operaie: in Francia a Parigi, Lione, Marsiglia, Narbonne, Lille, Saint-Étienne, Le Creusot, ecc. Nel 1868, il russo Bakunin aderì all'Internazionale.

Le prime sezioni parigine dell'AIT furono fondate all'inizio del 1865: vi aderirono allora 200 lavoratori. Varlin, il giovane rilegatore, era uno di loro. Il loro numero continuò a crescere, fino a contare più di mille membri e molti altri simpatizzanti. Le sezioni si federarono: avevano molti legami e ramificazioni tra i lavoratori, in particolare attraverso le camere sindacali. L'Internazionale sosteneva gli scioperi e organizzava cooperative, dove i lavoratori si incontravano e discutevano le idee socialiste. I suoi militanti miravano in definitiva all'organizzazione politica del proletariato.

Per i padroni, che cercavano qualcuno da incolpare per il crescente numero di scioperi e lo spirito di rivolta dei proletari, l'Internazionale divenne il colpevole ideale. Fu resa responsabile di tutto. I suoi membri furono perseguiti e, a Parigi, in tre anni furono presentate tre grandi denunce contro di essa, di cui il principale risultato fu di aumentare la sua fama.

Engels scrisse in seguito che la Comune era stata una "figlia spirituale dell'Internazionale", anche se quest'ultima non era stata direttamente responsabile della sua azione. La Comune non fu un evento casuale. Due decenni di trasformazioni economiche e sociali e, ancora di più, anni di lotte operaie e la volontà di organizzare il proletariato prepararono il suo avvento. Alla vigilia della Comune, una parte del proletariato e della piccola borghesia delle grandi città aspirava già a quella che veniva chiamata la Repubblica Sociale Universale, la Repubblica dei lavoratori.

Dalla guerra contro la Prussia alla proclamazione della Repubblica

Gli eventi precipitarono nel luglio del 1870 con la guerra che Napoleone III scatenò contro la Prussia, una guerra descritta dai suoi oppositori come dinastica, dato che mirava ovviamente a ridare lustro alla corona sempre più contestata dell'imperatore. Tuttavia, l'offensiva francese fu un disastro. Di fronte a un esercito più grande e meglio organizzato, si trasformò in una disfatta. A metà agosto la sconfitta era certa. La capitale era in subbuglio, una crisi politica stava maturando. Blanqui, pensando che fosse il momento giusto, cercò di iniziare un'insurrezione, che fallì. Il 2 settembre, Napoleone III fu fatto prigioniero a Sedan con tutto il suo esercito e capitolò. L'esercito prussiano occupava l'Est della Francia ed avanzava rapidamente verso Parigi.

Non appena si seppe della cattura dell'imperatore, le grandi città dichiararono la sua decadenza, e a Parigi la popolazione scese in strada al grido di "Evviva la Repubblica!" chiedendo di organizzare la difesa della capitale. Sotto la pressione popolare, il 4 settembre 1870, i deputati e i sindaci di Parigi proclamarono la Repubblica.

Dal 4 settembre 1870 al 18 marzo 1871: La Repubblica borghese

Il governo della difesa nazionale

I socialisti ebbero allora l'impressione di assistere a una ripetizione della rivoluzione del 1848, che non avevano dimenticata, e cercarono di opporsi. In effetti, quel 4 settembre 1870, i cittadini borghesi accorrono all'Hôtel de Ville -il Palazzo di Città-, di cui alcuni repubblicani di vecchia data ed altri che, solo il giorno prima, erano stati bonapartisti. Tutte queste persone che procrastinavano e non osavano porre fine all'Impero, temendo l'intervento delle classi lavoratrici, si affrettano a creare un governo provvisorio. Vogliono controllare la situazione a tutti i costi, per evitare un vuoto di potere che potrebbe lasciare spazio ai repubblicani più radicali e ai socialisti che agitano i quartieri popolari. È necessario controllare il governo e non lasciarsi sopraffare.

Ma questa volta, devono lottare duramente di fronte ai militanti operai che anche loro invadono l'Hôtel de Ville e non si fidano più di questi borghesi. È una scena di caos, con gente che si accalca, si insulta e getta i morti del giugno 1848 in faccia a chi sventola una bandiera tricolore. Sui nomi proposti per formare il governo si litiga fortemente.

Jean-Baptiste Clément, l'autore della canzone Le Temps des cerises, futuro comunardo presente quel giorno, scrive: "I borghesi paffuti e sudati nascondono la loro indignazione dandosi un'aria bonaria, sono stucchevolmente familiari! Toccano le spalle degli operai come se accarezzassero il sedere dei loro cavalli; agitano le mani fingendo emozione. Le stesse persone che solo un mese fa gridavano: "Evviva la guerra! A Berlino!" Gli stessi che hanno votato sì a tutti i plebisciti e applaudito a tutti i crimini dell'Impero, si avvicinano a te senza conoscerti e ti trattano male, assolutamente come se con loro ci fossimo tenuto Napoleone III e la sua banda".

La folla di parigini che si schiera è ignara di ciò che si sta prospettando. Per il momento, la vittoria è esaltante. Clément continua: "Come sempre, la folla è stata addormentata con parole sull'unione di fronte al pericolo; dicendole che era necessario agire rapidamente; che al di sopra delle teorie, c'era l'onore nazionale; che al di sopra della Repubblica, c'era la Francia! che era necessario mettere a tacere i rancori, cacciare prima i prussiani, e che dopo saremmo andati d'accordo". I socialisti sono costretti a piegarsi al nuovo governo, che prende il nome di Governo di Difesa Nazionale, guidato da un generale di nome Trochu.

Nonostante questo suo nome, la prima preoccupazione di questo governo non è riprendere la guerra contro la Prussia, bensì mettere in riga il proletariato parigino, entrato in uno stato di agitazione. I suoi ministri sono politici di lunga data - molti erano già stati al governo nel 1848 - oppure giovani repubblicani come il giornalista Henri Rochefort o gli avvocati Jules Ferry e Léon Gambetta. Gambetta, che assume il ministero degli interni, è allora conosciuto come un oppositore a Napoleone e molto popolare a Parigi. Nonostante questo, pochi mesi dopo, descriverà la Comune sconfitta come un'insurrezione criminale, lodando la "dedizione e la saggezza" dei consigli di guerra che deportano, imprigionano e fucilano i superstiti.

Tuttavia, con la Repubblica sorge all'aperto un'intensa vita politica sotto forma di una fioritura di associazioni e club dove si svolgono dibattiti e di centinaia di giornali a Parigi e nelle province. Gli oppositori di lunga data dell'Impero, più o meno radicali, hanno il vento in poppa. Ma ci sono anche sempre più club "rossi". Marx avverte però i suoi amici parigini contro la tentazione di un colpo di forza da socialisti impazienti in circostanze così difficili, mentre i prussiani stanno per assediare Parigi. Gli consiglia invece di approfittare della libertà repubblicana per "procedere metodicamente alla propria organizzazione di classe", diremmo oggi per costruire un partito operaio capace di mettersi alla testa del proletariato.

La Guardia Nazionale: il proletariato in armi

Il governo provvisorio è pronto a iniziare i negoziati di pace. Come Trochu riconoscerà in seguito, dal 4 settembre cerca di far accettare la capitolazione ai parigini e, per questo, è anche pronto ad accelerare la sconfitta. In privato dichiarò: "Se, in una grande battaglia combattuta sotto Parigi, rimanessero sul campo 20.000 o 25.000 uomini, Parigi capitolerebbe".

Ma, a differenza del governo, il proletariato non pensa ad arrendersi. Da quando la Prussia si è trasformata da nazione sotto attacco a nazione che invade il territorio francese, considera legittimo difendere la patria e una Repubblica che, per lui, deve essere una Repubblica sociale. A Parigi suona l'ora della mobilitazione generale. Si evocano i grandi giorni della rivoluzione francese, quando nel 1792 gli eserciti stranieri erano stati respinti e la monarchia rovesciata. Tutti gli elettori delle grandi città sono chiamati a raggiungere la Guardia Nazionale.

Dalle prime sconfitte dell'esercito francese, Napoleone III aveva fatto appello a questa riserva, una sorta di milizia borghese originariamente incaricata di mantenere l'ordine: aveva partecipato alla repressione del proletariato parigino nel giugno 1848. Ma di fronte all'assedio che si prepara, si tratta nell'ambito dell'euforia repubblicana di costituire il popolo in armi, di aprire la Guardia Nazionale a tutti gli elettori senza più alcuna distinzione sociale. Il governo è messo davanti al fatto compiuto. Allo stesso tempo comincia una sottoscrizione popolare per fabbricare cannoni.

A Parigi, organizzata sulla base dei quartieri, la Guardia Nazionale si compone in gran parte di lavoratori. Ha diverse centinaia di migliaia di uomini, e 215 dei suoi battaglioni su 240 provengono dai quartieri popolari. A differenza dell'esercito regolare, i suoi battaglioni eleggono i loro ufficiali. La Guardia quindi riflette lo stato d'animo dei proletari, che scelgono tra di loro coloro che danno prova delle proprie capacità e dedizione durante l'assedio, che spesso sono dei repubblicani e anche, sempre più spesso, dei socialisti.

La paga di una guardia nazionale era di 30 soldi (1,50 franco) al giorno, più 75 centesimi per la moglie e 25 centesimi per ogni figlio. È molto meno di uno vero stipendio, ma in questi tempi difficili, quando la disoccupazione è alle stelle, sarà per molti l'unico reddito. Tanto più forti sono i legami tra il proletariato e la Guardia Nazionale.

Agitazione politica a Parigi e nelle province

L'assedio della capitale è iniziato il 19 settembre. Nei quartieri popolari ne consegue il razionamento, poi la fame, oltre ai bombardamenti quotidiani. Da parte loro i ricchi hanno lasciato la capitale o vi hanno continuato i loro affari, speculando sul mercato nero. Non gli manca nulla. Mentre Parigi comincia a non avere da mangiare, mentre i proletari si accontentano di pane ripieno di paglia o sego e mangiano cani, gatti e topi, gli animali del giardino zoologico vengono fatti a pezzi nelle macellerie dei quartieri eleganti. La sensazione giustificata di dover fare tutti i sacrifici e di essere solo nella difesa della patria invade rapidamente il proletariato.

Già il 4 settembre, dei militanti operai diffidenti nei confronti del governo borghese organizzano i cosiddetti comitati di difesa e di vigilanza nei quartieri operai. Forti del loro successo, il 13 settembre formano un Comitato Centrale repubblicano dei venti distretti di Parigi, che affigge nelle strade un programma che prefigura la Comune.

Si parla sempre di più della Comune, che nella mente popolare fa riferimento alla Comune dei sans-culottes del 10 agosto 1792. Contro le manovre dei borghesi e dei monarchici che, nelle province, fanno già di tutto par calunniare la Repubblica, si rivendica la rappresentanza diretta del popolo. Anche prima di Parigi, in varie città ci sono tentativi di eleggere Comuni, in altre parole municipi che diano ai loro rappresentanti i poteri che prima erano centralizzati dallo stato.

A Lione la Comune è proclamata il 28 settembre, a Marsiglia il 1° novembre, ma il governo riesce a rovesciarle immediatamente concentrandovi le sue forze armate. La prospettiva di una federazione di Comuni delle grandi città della Francia rappresenta per esso una minaccia concreta. Anche a Parigi, il 31 ottobre, all'annuncio di nuove sconfitte militari e all'evocazione di un armistizio, la folla invade il Palazzo di città al grido di "No all'armistizio!" e di "Evviva la Comune!" Alcuni blanquisti e una frazione dei rappresentanti del Comitato dei venti distretti tentano allora di rovesciare il governo. Ma Parigi non è ancora matura per la rivoluzione, il governo mantiene il controllo della situazione. Marx scriverà: "Se la Comune avesse vinto ai primi di novembre del 1870 a Parigi, in un momento in cui era già affermata nelle grandi città del paese, avrebbe sicuramente trovato un'eco e si sarebbe diffusa in tutta la Francia".

Più passano le settimane, più diventa chiaro che il governo si preparava a capitolare, nonostante le dichiarazioni bellicose dei suoi ministri. Le operazioni militari che ordina equivalgono a mandare le sue truppe al massacro. Una sortita a Buzenval in periferia causa 4.000 morti e provoca una nuova dimostrazione di rabbia a Parigi il 22 gennaio 1871. Questa volta i soldati sparano sulla folla, uccidendo una trentina di persone.

Il 28 gennaio viene firmato un armistizio con la Prussia. Il divorzio tra il governo e i parigini diviene inevitabile. La Guardia Nazionale, sopraffatta dall'indignazione per quello che considera un tradimento, si riunisce il 6 febbraio e decide di costituirsi in federazione. I battaglioni sono chiamati a pronunciarsi con il voto, e il 15 febbraio la proclamazione ufficiale della Federazione solleva l'entusiasmo. Si decide di formare un comitato centrale per rappresentare quelli che ora si chiamano orgogliosamente i federati. La Guardia Nazionale dichiara allora che si opporrà a qualunque tentativo di rovesciare la Repubblica e che non si lascerà disarmare.

L'assemblea dei monarchici contro Parigi

Ci sono buoni motivi di temere per la sorte della Repubblica. Contro Parigi, la borghesia intende contare su una nuova Assemblea Nazionale incaricata di ratificare il trattato di pace in corso di negoziazione. L'8 febbraio, le elezioni organizzate in fretta e furia danno una maggioranza di due terzi ai monarchici. Le città votano piuttosto repubblicano, ma i contadini, nelle campagne, sono ancora sotto il giogo dei proprietari terrieri, dei notabili e dei preti. I contadini sono messi contro i parigini dicendo loro che siano dei "parassiti" che vogliono prendere tutto alla gente onesta, dei guerrafondai pronti a rovinare il paese a beneficio dei prussiani. Questa Assemblea Nazionale, dove siedono orgogliosamente marchesi e duchi, odia la Repubblica e soprattutto il proletariato repubblicano di Parigi. Si riunisce prima a Bordeaux.

Durante i negoziati di pace a Versailles, il cancelliere Bismarck chiede un'indennità di cinque miliardi di franchi-oro. La comunarda Victorine Brocher, nelle sue Memorie, riassume così la situazione: "L'Assemblea di Bordeaux sentiva che il suo posto era nella capitale storica, ma aveva paura dei 400.000 fucili rimasti nelle mani dei combattenti. Sapeva anche che era necessario pagare cinque miliardi ai tedeschi. Dove li avrebbero presi, se non dalle tasche del lavoratore? Era assolutamente necessario colpire i parigini. Così c'era da un lato la paura, dall'altro il bisogno di denaro. Era quindi necessario risolvere il problema più urgente. Disarmare Parigi, poi si sarebbe potuto fargli pagare il riscatto con nuove e indispensabili tasse".

Nelle elezioni dell'8 febbraio, il proletariato parigino ha votato repubblicano, ha eletto Victor Hugo, Rochefort, Gambetta, Clemenceau. Ma, segno precursore dell'evoluzione delle menti, per la prima volta sono stati eletti a Parigi quattro candidati "socialisti-rivoluzionari" presentati dalle associazioni operaie. Due di loro sono lavoratori, lo scalpellino Tolain e il tintore Malon, membri dell'Internazionale.

Il Comitato Centrale della Guardia Nazionale, embrione del potere operaio?

Il 24 febbraio 1871 i delegati della Guardia Nazionale hanno eletto il loro Comitato Centrale e votato gli statuti della Federazione. Qualche giorno dopo, il Comitato Centrale dà l'ordine di raggruppare i cannoni e metterli in un posto dove saranno al sicuro dai tedeschi, che il governo ha appena autorizzato a sfilare a Parigi dal 1 al 3 marzo. La prima reazione dei parigini è di voler erigere delle barricate. Ma il Comitato Centrale, temendo una provocazione, si oppone: "Qualsiasi attacco servirebbe a designare il popolo ai colpi dei nemici che annegherebbero le rivendicazioni sociali in un fiume di sangue...". Tuttavia, si fanno barricate nella metà di Parigi, compresi i quartieri dove si tengono i cannoni. Le truppe tedesche entrarono allora in una città morta ed è una vittoria morale per i parigini e una sfida al governo.

Da parte sua, la borghesia passa all'offensiva. Ai primi di marzo, l'Assemblea Nazionale si trasferisce da Bordeaux a Versailles. Così si toglie a Parigi in modo dimostrativo il suo titolo di capitale.

Adolphe Thiers, successo a Trochu come capo del governo, nomina un generale la cui intera carriera si è svolta sotto l'Impero come comandante della Guardia Nazionale: è una provocazione. La Guardia Nazionale rifiuta e, al suo posto, elegge simbolicamente Garibaldi, l'eroe dell'unità italiana. Proclama: "Non più eserciti permanenti, ma l'intera nazione armata. Niente più oppressione, schiavitù o dittatura di qualunque tipo, ma la nazione sovrana, ma cittadini liberi che si governano come vogliono". Thiers annuncia allora la soppressione della paga delle guardie nazionali, il che equivale a condannarle alla miseria.

Per intimidire i parigini, annuncia anche la fine della moratoria sulle scadenze e gli affitti, che era entrata in vigore all'inizio dell'assedio. Il pagamento degli affitti, che gli inquilini non potevano più assolvere, era stato rinviato, così come le scadenze commerciali, che i negozianti e gli artigiani non erano in grado di rispettare. Il governo annulla questo rinvio, quindi tutti i debiti sono di nuovo dovuti, compresi gli interessi. Sta strozzando gli inquilini e la piccola borghesia parigina.

Si moltiplicano le provocazioni. I giornali popolari sono vietati. Blanqui è condannato a morte in contumacia per il tentativo armato del 31 ottobre, così come Flourens, un altro noto socialista di Parigi. Blanqui è allora imprigionato lontano da Parigi: Thiers rifiuterà di liberarlo per tutta la durata della Comune, sostenendo che ciò sarebbe equivalso a dare "un corpo d'armata" ai parigini.

In risposta, il 15 marzo, la Federazione della Guardia Nazionale dichiara che non riconosce più altra autorità che quella del suo Comitato Centrale. Trotsky, dopo l'esperienza della rivoluzione russa, paragonerà questo Comitato Centrale, eletto dai federati proprio alla vigilia della Comune, a "un consiglio dei deputati degli operai armati e della piccola borghesia", in altre parole, a uno stato operaio embrionale.

Nella notte tra il 17 e il 18 marzo, Thiers entra in azione tentando di impadronirsi di sorpresa dei cannoni parigini, convinto che non ci sarebbe stata alcuna resistenza.

Eppure, come scrisse a posteriori Louise Michel, militante della Comune dal primo all'ultimo giorno, "La pazienza di chi soffre sembra eterna, ma prima del maremoto, anche le acque sono pazienti e dolci, si ritirano con onde lunghe e morbide: sono proprio le stesse che si gonfieranno e torneranno come montagne, schiantandosi ruggendo sulla riva, e con esse la inghiottiranno nell'abisso".

18 marzo: il potere nelle mani dei parigini

L'episodio è noto: il 18 marzo alle prime ore del mattino, i parigini che si svegliano nei quartieri di Belleville e Montmartre vedono che i soldati si sono impadroniti dei cannoni e aspettano le carrette che li devono trasportare. I comitati di vigilanza si raggruppano subito, si risvegliano gli abitanti che ancora sonnecchiano, si dà l'allarme, donne e uomini si riuniscono intorno ai soldati, interrogandoli e fraternizzando. La Guardia Nazionale viene chiamata, si innalzano barricate e ben presto tutta Parigi è in subbuglio. A sera, l'operazione di Thiers è fallita.

Durante il giorno, due generali, Lecomte e Thomas, saranno fucilati dai loro soldati e dalla folla inferocita. Il primo ha dato ai suoi uomini l'ordine di sparare, tre volte di seguito, ma loro si sono ribellati e l'hanno arrestato. Il secondo è stato riconosciuto mentre, vestito in abiti civili, stava ispezionando una barricata ai piedi di Montmartre: era stato uno dei capi della repressione del giugno 1848. Queste due morti fungono immediatamente da pretesto a Thiers e all'Assemblea Nazionale per chiamare i comunardi criminali. Saranno però i soli nemici disarmati ad essere uccisi dai parigini in preda alla rabbia, fino ai massacri dei comunardi durante la settimana di sangue.

Thiers fugge precipitosamente a Versailles. Naturalmente, Parigi si rivolge al Comitato Centrale della Guardia Nazionale per prendere il controllo della situazione. Nel Palazzo di Città, abbandonato dalla borghesia in preda al panico, i suoi membri prendono il potere lasciato libero e annunciano l'elezione della Comune di Parigi.

Il giorno dopo, il proletariato parigino e la piccola borghesia si svegliano con il potere in mano, senza che abbiano cercato coscientemente di impadronirsene, in reazione all'attacco di Thiers e alla fuga in grande panico del governo.

La Comune, prima prova di uno stato operaio

Il Comitato Centrale si mette in secondo piano

Il Comitato Centrale della Guardia Nazionale non vuole formare un suo proprio governo. È convinto che solo l'elezione della Comune di Parigi a suffragio universale, obbligando l'Assemblea Nazionale a riconoscerla, la renderà inattaccabile.

È certamente un suo merito non comportarsi come una qualsiasi assemblea borghese che cerca di confiscare il potere al popolo. Ma, d'altra parte, questa scommessa sull'effetto della legittimità elettorale di fronte a una borghesia che sta preparando la guerra civile è una mancanza di lucidità. Il 22 marzo, i reazionari parigini dei quartieri perbene stanno già manifestando, armati di bastoni, pugnali e pistole. Sulla Piazza Vendôme, attaccano le guardie nazionali, gridando "Evviva l'Assemblea Nazionale! Abbasso il Comitato! Abbasso gli assassini!" Alcuni colpi di fucile li fanno scappare, non sono ancora abbastanza forti, ma il loro atteggiamento bellicoso è inequivocabile. Nel mentre il Comitato Centrale perde momenti preziosi.

Alcuni rari comunardi chiedono che si marci su Versailles mentre Thiers è in fuga, ma non vengono seguiti. Al contrario, si osserva divertiti come le truppe e le guardie nazionali che ancora obbediscono al governo lasciano la capitale per raggiungere Versailles con armi e bagagli. Thiers dà ordine ai funzionari parigini di raggiungerlo con i loro dossier, oppure di disobbedire al Comitato Centrale, per disorganizzare Parigi e rendere la Comune incapace di governare. Ha deciso il blocco delle strade e del telegrafo. Il proletariato, che ancora sta festeggiando, l'ha lasciato stare. Il fatto stesso che il nemico sia scappato a Versailles gli sembra, a torto, una prova della sua completa vittoria. Pochi giorni dopo, si lascerà ancora senza reagire i Versagliesi occupare il Mont-Valérien, vicino a Boulogne, una posizione elevata che sarà impossibile riconquistare e dalla quale potranno bombardare tutta la parte occidentale di Parigi.

La schiacciante e tutto sommato facile vittoria del 18 marzo ha dato alla popolazione l'illusione che nulla potesse essere fatto contro di essa. Il 30 marzo, il socialista Charles Longuet scrive addirittura, nel primo numero della Gazzetta Ufficiale della Comune: "L'antagonismo di classe ha cessato di essere!"

Occorreva marciare su Versailles?

La domanda è stata fatta spesso dopo, a causa della tragica fine della Comune.

Trotsky scriverà a questo proposito: "Avremmo potuto allora schiacciare la banda del governo quasi senza spargimento di sangue. A Parigi, avremmo potuto fare prigionieri tutti i ministri, con Thiers in testa. Nessuno avrebbe alzato la mano per difenderli. Questo non è stato fatto. Non c'era un'organizzazione di partito centralizzata, con una visione d'insieme sulla situazione, né organi speciali per eseguire le sue decisioni". Sarebbe stato necessario, dice, mandare degli agitatori tra le truppe che raggiungevano Versailles per conquistare i soldati alla prima occasione. La questione non è tanto di sapere cosa sarebbe successo allora, quanto di riflettere su cosa deve essere una politica rivoluzionaria.

Saliti al potere, intuendo la forza del proletariato, è chiaro che i comunardi speravano di evitare la guerra civile. I socialisti, influenzati dalle idee e dalle illusioni della piccola borghesia democratica, non credono, per la maggior parte, di dover imporre la dittatura del proletariato alla borghesia. Affermano che Parigi non ha intenzione di esportare il modello comunale nel resto del paese, se non con la forza dell'esempio. La loro prospettiva è l'autonomia delle Comuni democraticamente elette in tutto il paese, e una libera federazione di queste Comuni per stabilire la Repubblica Sociale.

Il Comitato Centrale potrebbe però considerare, e giustamente, che il proletariato sotto la divisa della Guardia Nazionale gli ha già dato sufficiente legittimità per agire in modo rivoluzionario. Secondo Trotsky: "Il vero compito rivoluzionario consisteva nell'assicurare al proletariato il potere in tutto il paese. Parigi doveva servire come base, come roccaforte armata. E, per raggiungere questo obiettivo, era necessario, senza perdere tempo, sconfiggere Versailles e mandare in tutta la Francia agitatori, organizzatori, forza armata. Occorreva entrare in contatto con i simpatizzanti, incoraggiare gli esitanti e spezzare l'opposizione degli avversari".

Gli eletti della Comune

Eletta il 26 marzo, la Comune è proclamata il 28. Ne l'Ami du peuple (l'Amico del popolo), Vermorel, un socialista appena eletto dal 18° distretto, scrive: "La rivoluzione del 18 marzo consacra l'avvento politico del proletariato, come la rivoluzione del 1789 aveva consacrato l'avvento politico della borghesia".

Gli eletti della Comune erano, in parte, intellettuali e piccoli borghesi vicini al popolo e spesso socialisti. Vermorel era uno di loro, come lo scrittore Jules Vallès o il pittore Courbet. Ma c'erano anche, per la prima volta, molti lavoratori, la maggior parte dei quali trentenni: metalmeccanici, tipografi, rilegatori, gioiellieri, tintori, falegnami, ecc. Ci sono anche alcuni artigiani e negozianti. Questi lavoratori sono quasi tutti socialisti e quasi un terzo dell'insieme degli eletti sono membri dell'Internazionale.

Questi uomini sono degli sconosciuti per i giornali di Versailles, che ne sono indignati. Ma la maggior parte di loro non sono sconosciuti per coloro che li hanno eletti! Alcuni di loro erano stati per anni militanti della classe operaia.

Varlin, uno dei più noti, ha condotto degli scioperi con i suoi compagni rilegatori, durante i quali ha dimostrato le sue capacità organizzative. Ha dedicato tutto il tempo alla causa dei lavoratori, sostenendo scioperi qua e là, fino a Le Creusot, nel 1870, dove ha anche aiutato a fondare una sezione dell'Internazionale. Con un'altra militante socialista, Nathalie Le Mel, ha partecipato alla creazione di una cooperativa di lavoratori, La Marmite, dove famiglie operaie hanno potuto mangiare durante l'assedio. Nominato comandante di un battaglione della Guardia Nazionale, Varlin era già stato eletto del Comitato Centrale prima di diventare membro della Comune.

Per riorganizzare i servizi che Thiers aveva sabotato alla sua partenza, la posta, la rete stradale, gli ospedali, la polizia, ecc, la Comune istituisce delle commissioni e nomina dei responsabili. Così Varlin e un contabile, Jourde, sono delegati alla commissione delle Finanze; il cesellatore Camélinat è incaricato della riorganizzazione delle Poste, poi della Zecca; due tipografi si occupano della Tipografia Nazionale; il tintore Malon e il gioielliere Frankel animano la commissione del Lavoro e degli scambi; un professore, Vaillant, è incaricato della commissione dell'Educazione; il meccanico Avrial è nominato direttore dell'artiglieria; degli operai diventano generali... La lista non è esaustiva.

Vale anche la pena di notare la presenza, nel Consiglio della Comune, di alcuni repubblicani più anziani, ex quarantottini, risoluti oppositori sotto l'Impero. Il più emblematico è forse il giornalista Delescluze, allora 64enne. Più volte condannato, esiliato e nuovamente imprigionato nell'agosto del 1870 per aver protestato contro la guerra, rappresenta la tradizione giacobina derivante dalla rivoluzione francese. Eletto all'Assemblea Nazionale dai parigini l'8 febbraio, si dimette per unirsi alla Comune, dove la sua voce conta: parteciperà successivamente a quattro commissioni e morirà su una barricata.

Il ruolo delle donne nella Comune

Se la Comune non arriverà a concedere il diritto di voto alle donne - che all'epoca non esisteva da nessuna parte - invece fa molto affidamento su di loro, militanti e combattenti.

Louise Michel, una maestra di scuola, è certamente la più conosciuta delle comunardi. Nella Parigi assediata, ha creato una mensa per i suoi allievi. Ha animato il comitato di vigilanza di Montmartre che ha dato l'allarme la mattina del 18 marzo e spesso si veste con la divisa della Guardia Nazionale. Dopo l'elezione della Comune, è attiva su parecchi fronti: chiede la requisizione delle case abbandonate per ospitare i senzatetto e istituire asili dove i bambini saranno alimentati. Propone di fondere le campane di Montmartre per farne dei cannoni. Vuole che le case di prostituzione siano chiuse e che il Comune abbia cura dei vecchi, degli infermi e degli orfani. E quando iniziano i combattimenti con Versailles, organizza un servizio di ambulanze e partecipa in prima persona alla battaglia.

Potremmo citarne molte altre: Nathalie Le Mel, che aveva lanciato La Marmite con Varlin, ha parlato nei club sin dal 4 settembre. Con Elisabeth Dmitrieff, un'altra socialista rivoluzionaria russa, crea l'Unione delle donne per la difesa di Parigi e la cura dei feriti. Durante la settimana di sangue, secondo un rapporto della polizia, la si trova "a capo di un battaglione di una cinquantina di donne, ha costruito la barricata a Place Pigalle e vi ha innalzato la bandiera rossa".

L'azione della Comune è il risultato diretto dell'azione delle militanti e dei militanti più attivi del proletariato parigino. E, in questo tipo di eventi, non intervengono solo i militanti di lunga data. Nascono le vocazioni, coloro che sono abituati ad essere gente dal basso, a obbedire senza avere voce in capitolo, diventano capaci di iniziative inaspettate e di una dedizione senza limiti.

Lavoratori di tutti i paesi, uniamoci!

La Comune dimostra anche, con le sue azioni come con le sue parole, che i proletari in lotta non hanno patria, accogliendo e dando senza esitazione responsabilità agli stranieri che la vogliono raggiungere. Leo Frankel, un gioielliere ungherese, membro dell'Internazionale, viveva a Parigi dal 1867. È eletto alla Comune dal 13° distretto e nominato a capo della Commissione del lavoro e degli scambi, dove ha un ruolo tra i più importanti. In questa occasione, la Comune dichiara nella Gazzetta Ufficiale che la sua bandiera è quella della Repubblica Universale e che gli stranieri che la servono diventano implicitamente suoi cittadini.

Inoltre non esiterà a nominare un polacco, Jaroslaw Dombrowski, come comandante militare capo della piazza di Parigi. È un ufficiale di carriera, esiliato dopo la rivolta di Varsavia del 1863, che si offre volontario e si distingue sin dai primi attacchi delle truppe di Versailles.

Sono ben lungi dall'essere gli unici. Tra i comunardi arrestati alla fine della settimana di sangue, ci saranno 1.725 stranieri, tra cui molti belgi e italiani.

Il patriottismo dei comunardi consiste nel difendere Parigi contro gli occupanti prussiani e la Repubblica contro l'Assemblea monarchica di Versailles. Ma la Comune fa la differenza tra i popoli e i loro dirigenti. Afferma il suo odio feroce per le guerre di conquiste, e denuncia i generali che sono stati "codardi di fronte alla Prussia" e si trasformano in "potenti guerrieri contro i francesi". Quale migliore prova della vigliaccheria della borghesia della riconciliazione di Thiers e Bismarck contro Parigi?

Simbolicamente, il 13 aprile, sotto l'impulso del pittore Courbet, la Comune demolisce la colonna Vendôme, un monumento alla gloria del militarismo, eretto all'inizio del secolo da Napoleone I per celebrare la battaglia di Austerlitz. Per essa, è un "monumento della barbarie", un "insulto permanente dei vincitori agli sconfitti".

Democrazia proletaria contro democrazia borghese

Se Marx saluta la Comune come "la forma finalmente trovata che rende possibile l'emancipazione economica del lavoro", non è solo per l'origine sociale dei suoi eletti. Non essendo legati alla grande borghesia come lo sono i governanti e i parlamentari di tutti i regimi borghesi, i comunardi istituiscono un tipo di stato veramente nuovo, la cui efficacia è dimostrata in pochi giorni dalla riapertura di quasi tutte le amministrazioni sabotate da Thiers.

Per cominciare, la Comune decreta la separazione tra Chiesa e Stato e abolisce il finanziamento dei culti, cioè il mantenimento dei preti da parte dello Stato.

Instaura la responsabilità personale dei funzionari eletti e la loro revocabilità in qualsiasi momento. Quando un eletto della Comune partecipa all'elaborazione di un decreto o di una legge, spetta a lui assicurarne l'esecuzione e i risultati. Deve trovare le risorse materiali e umane necessarie per la sua applicazione, e le può trovare solo con il proletariato. Quest'ultimo può in cambio controllare i suoi rappresentanti eletti e sostituirli senza indugio, se non sono all'altezza delle loro responsabilità.

Questo tipo di funzionamento viene esteso a tutti i corpi dell'apparato statale e alla maggior parte dei suoi rappresentanti. L'esercito permanente è abolito e sostituito dal popolo in armi, che si incarna allora nella Guardia Nazionale. Le varie forze di polizia, che si sono fatto odiare dalla popolazione che perseguitava e che la Repubblica borghese ha mantenute, sono sciolte e la loro autorità trasferita ai sindaci dei distretti. Il principio elettivo è esteso ai magistrati, cioè alla Giustizia.

La Comune così pone fine alla distinzione, tanto cara alla democrazia borghese, tra potere esecutivo e legislativo, poiché questa separazione non aveva altro scopo che ingannare la popolazione. Nella repubblica borghese, l'esecutivo esercita il vero potere, contando su un apparato statale la cui maggioranza è composta da alti funzionari e magistrati non eletti legati alla grande borghesia in mille modi. Allo stesso tempo, i parlamenti borghesi parlano, discutono all'infinito, si oppongono tra diversi partiti che competono per posizioni lucrative e convalidano le decisioni prese dall'esecutivo per salvare le apparenze. E la maggior parte dei parlamentari usano anche la loro posizione come trampolino di lancio per una carriera nelle banche e nelle aziende capitaliste.

La Comune pone fine a questa democrazia di facciata e la sostituisce con un corpo attivo, con una rappresentatività molto più larga e immediata. Si spinge anche oltre, decretando il 2 aprile che "in una Repubblica veramente democratica, non ci può essere nessuna sinecura o salario esagerato": il massimo, per tutti gli impiegati nei vari servizi pubblici, civili e militari del Comune, è fissato a 6.000 franchi all'anno e si proibisce il cumulo di più stipendi. In precedenza, il direttore delle ferrovie, per esempio, riceveva 100.000 franchi all'anno. Gli stessi funzionari eletti si fanno pagare 5.400 franchi all'anno, mentre i ministri del governo ricevevano 40.000 franchi. Questo è ben lontano dai redditi esorbitanti che i parlamentari e gli alti funzionari dello stato borghese si fanno dare senza il minimo scrupolo.

Le ripercussioni della Comune nel paese

Con l'annuncio degli eventi parigini, molte città, Limoges, Vierzon, Nevers, Saint-Étienne, Narbonne, Aix, Tolosa e Bordeaux, a loro volta conoscono delle agitazioni. In alcuni casi, delle minoranze tentano di passare all'azione proclamando le loro proprie Comuni, che hanno vita breve perché non hanno un sufficiente appoggio popolare e soprattutto per mancanza di tempo, dato che sono immediatamente schiacciate. A Lione, in marzo e aprile, ci sono due tentativi. A Marsiglia, gli insorti prendono la prefettura per alcuni giorni: un corpo d'armata circonda la città, la bombarda e infine vi entra. Dopo otto ore di feroci combattimenti, le truppe governative portano 500 prigionieri al Château d'If. Qualche settimana dopo, i dirigenti marsigliesi saranno condannati a morte da un consiglio di guerra e giustiziati.

Nella città di Le Creusot, dopo la proclamazione della Repubblica, l'operaio meccanico Dumay era stato nominato sindaco. Alle elezioni di febbraio all'Assemblea Nazionale, la sua lista aveva ottenuto il 77% dei voti. All'udire la notizia del 18 marzo, una grande folla si riunisce e grida con entusiasmo che vuole seguire Parigi. La Guardia Nazionale sfila nella città, ci sono fraternizzazioni con i soldati e, il 26 marzo, Dumay proclama la Comune di Le Creusot. Ma il giorno dopo un migliaio di soldati inviati come rinforzi disarmano la Guardia Nazionale. Poco dopo Schneider organizza nuove elezioni comunali, in presenza dell'esercito minaccioso. Sostiene una lista che i capisquadra indicano agli operai, dicendo loro: "Ecco il pane!" mentre mostrano quella dei sostenitori della Comune dicendo: "Qui c'è la miseria!".

Per il comunardo Benoît Malon: "Tutti questi tentativi sono falliti perché sono rimasti indipendenti gli uni dagli altri". La Comune di Parigi rimane allora isolata.

Soffre anche delle menzogne diffuse dai Versagliesi ai contadini ignoranti e alla piccola borghesia provinciale. Eppure in aprile, la donna che dirige il giornale comunardo chiamato La Sociale con lo pseudonimo di André Léo, scrive un appello ai contadini che dice: "La terra al contadino, l'attrezzo all'operaio, lavoro per tutti. [...] Vi si dice: parigini e socialisti vogliono dividere tutto. Ma, brava gente, lo vedete chi ve lo dice? Quelli che non fanno nulla ma vivono sontuosamente del lavoro degli altri forse non stanno dividendo a loro modo?". Con una buona intuizione, indovina che il proletariato può portare con sé i contadini. La grande maggioranza dei contadini è oppressa dallo stato borghese, che riscuote pesanti tasse e lascia i piccoli proprietari terrieri alla loro miseria. Se il proletariato si mostra deciso a demolirlo e a sostituirlo con uno stato al servizio delle classi lavoratrici, può portare con sé le masse povere delle campagne. Lo dimostrerà la rivoluzione russa del 1917.

Il primo attacco di Versailles e il decreto sugli ostaggi

Il 2 aprile, Thiers lancia una prima offensiva contro Parigi, con la complicità del cancelliere Bismarck, che fa liberare 60.000 prigionieri in modo che possa ricostituire un esercito di oltre 100.000 uomini. Le stesse truppe prussiane bloccano tutto il nord e l'est della capitale. Così, di fronte agli insorti parigini, le classi dominanti dei due paesi, ancora in guerra il giorno prima, si accordano per proteggere i loro interessi comuni. Bismarck accetta anche di posticipare il primo pagamento delle riparazioni di guerra fino alla caduta della Comune.

La capitale era allora circondata da bastioni e i suoi accessi protetti da forti. L'attacco coglie di sorpresa i parigini. Dall'armistizio, dice Victorine Brocher, non si era più sentito il rumore dei cannoni e, dall'avvento della Comune, la gente viveva "in un'atmosfera di fiducia e speranza". I comunardi respingono gli attaccanti, ma i soldati di Versailles fucilano i prigionieri, tra cui due dei primi eletti della Comune, Duval e Flourens. Per settimane, i bombardamenti e gli attacchi si susseguiranno fino a quando le truppe di Versailles riusciranno ad entrare a Parigi. La guerra riprende quindi, ma ormai è una guerra sociale.

Riportata brutalmente alla realtà, la Comune vara allora un decreto secondo il quale avrebbe arrestato e processato chiunque fosse sospettato di complicità con Versailles, i colpevoli sarebbero stati tenuti come ostaggi, e ogni esecuzione di un prigioniero di guerra o di un sostenitore della Comune sarebbe stata seguita dall'esecuzione di tre volte tanti ostaggi. Lo stesso giorno sono arrestati dei preti, tra cui Darboy, arcivescovo di Parigi, e dei gendarmi. Tuttavia, questo decreto sugli ostaggi non sarà mai applicato. I primi ostaggi saranno uccisi solo alla fine di maggio, nemmeno su ordine della Comune, ma da parigini infuriati dai massacri della settimana di sangue. Versailles si rende presto conto che gli ostaggi sono pochi - saranno 74 in tutto a metà maggio - e che la Comune non dà seguito alle sue minacce. Comunque Thiers sembra pronto a sacrificare cinicamente questi ostaggi per giustificare meglio il massacro che sta preparando.

La Comune da parte sua voleva fin dal primo giorno abolire la pena di morte. Ancora il 6 aprile, dei comunardi bruciano simbolicamente una ghigliottina in Place Voltaire.

La difesa di Parigi richiederà sempre più forza e abnegazione. Alcuni di coloro che inizialmente avevano visto la Comune con simpatia, nella piccola borghesia parigina, avranno paura e si tireranno indietro, ma il proletariato combatterà fino alla fine. I battaglioni della Guardia Nazionale sono volontari. Le donne organizzano i rifornimenti, le ambulanze e l'aiuto ai feriti, quando non partecipano loro stesse ai combattimenti.

L'opera della Comune

La Comune non ha avuto il tempo necessario per orientarsi davvero e attuare fino in fondo le trasformazioni sociali che aveva intrapreso. Gli stessi comunardi hanno anche descritto una mancanza di organizzazione, persino il "caos" che talvolta regnava. C'è stato anche il rischio di una scissione e delle dimissioni di alcuni degli eletti, in un momento in cui la situazione militare stava diventando critica. Ma la lotta e la causa comune hanno prevalso sui dissensi, la volontà di agire ha decuplicato le energie.

Così, nonostante gli obblighi della difesa, nonostante la brevità della sua esistenza, la Comune riesce a prendere alcune misure che almeno caratterizzano veramente la sua natura e i suoi obiettivi.

Misure per i lavoratori e per riprendere il controllo della produzione

I principali decreti a favore dei lavoratori furono redatti dalla Commissione del Lavoro e degli scambi, i cui sei membri, Frankel, Malon, Theisz, Chalain, Longuet e Seraillier, erano tutti membri dell'AIT.

Il 16 aprile, la commissione prende fin dall'inizio una misura radicale, che lede la proprietà privata. Poiché molti padroni hanno chiuso il loro stabilimento, si decide di requisire queste officine abbandonate a beneficio delle associazioni operaie, affinché queste ultime possano riprendere la produzione e dare lavoro agli operai. Si prevede addirittura la futura riunione di queste associazioni in una grande federazione operaia, una nuova organizzazione del lavoro e della produzione che, come sottolinea Marx, andrebbe di fatto nella direzione del comunismo. Alcuni comunardi prevedono consapevolmente, come ha scritto Frankel, "una transizione graduale dal modo di produzione capitalista a un modo di produzione cooperativo". Tuttavia, se il Consiglio della Comune sostiene all'unanimità questa misura, non è per dottrina. Le concezioni socialiste più diffuse, quelle di Proudhon, non vanno in questa direzione. Ma, poiché emana dal proletariato, che ha un estremo bisogno di lavorare, la Comune agisce in modo risoluto e pragmatico. Il decreto è accolto con entusiasmo, e una sala è messa a disposizione della federazione delle camere sindacali, che è incaricata della sua attuazione. Tuttavia, per la mancanza di tempo, sarà effettuato solo un censimento delle officine abbandonate.

Frankel chiede anche che la Comune faccia l'acquisto dell'abbigliamento delle guardie nazionali in via prioritaria dalle associazioni dei lavoratori, piuttosto che da aziende private che, oltretutto, lo fanno pagare più caro.

Pochi giorni dopo, la Comune vara un decreto che proibisce il lavoro notturno dei panettieri. Gli operai di questa categoria hanno chiesto che il lavoro cominci solo alle cinque del mattino, e non prima. Vogliono anche che sia abolita la mansione di chi era incaricato di reclutare lavoratori per i padroni dei forni, o di evitare di assumerli se non piacevano. I padroni protestano, ma la Comune sceglie senza esitazione un terreno ed è quello dei lavoratori. Frankel dichiara: "Trovo che questo sia l'unico decreto veramente socialista che sia stato emesso dalla Comune; tutti gli altri decreti possono essere più completi di questo, ma nessuno ha un carattere così nettamente sociale. Siamo qui non solo per difendere le questioni di municipio, ma per fare riforme sociali. E per fare queste riforme sociali, dobbiamo prima consultare i padroni? No". È un decreto emblematico per tutti i lavoratori.

La Commissione del Lavoro decide anche il divieto delle multe e detrazioni sui salari, un sistema che permetteva di tassare i dipendenti con i pretesti più diversi, assenze, ritardi e altro, e anche con pretesti inventati di sana pianta. È un furto legalizzato, insomma, a cui si sta ponendo fine. Allo stesso modo, la Comune sta pensando di abolire il libretto di lavoro individuale, ma non avrà il tempo di farlo.

Contro la miseria: la remissione delle scadenze, il banco dei pegni, l'assistenza pubblica

Già il 19 marzo, il Comitato Centrale della Guardia Nazionale aveva annunciato la proroga della moratoria sugli affitti e le scadenze commerciali che Thiers aveva voluto abolire. Questo significava che gli inquilini da un lato, e i piccoli artigiani e negozianti dall'altro, potevano dilazionare i loro debiti: la Comune prevedeva un periodo di tre anni per rimborsarli, senza interessi. Inoltre, gli inquilini hanno il diritto di revocare il contratto di locazione quando vogliono, cioè di andarsene senza dover pagare alcuna tassa al loro ex padrone di casa. Gli inquilini a cui il padrone di casa dà congedo hanno diritto a tre mesi di preavviso. La Comune non ignora la questione dei piccoli proprietari, per i quali talvolta questa rendita immobiliare è indispensabile, ma decide che va trattata separatamente e che i bisogni di coloro che non hanno nulla devono avere la precedenza.

All'inizio di maggio, la questione dei banchi di pegno è discussa. Questa istituzione concede prestiti, di solito piccoli, a persone che, in cambio, danno in pegno i loro oggetti personali. Quando il prestito non viene restituito entro il tempo stabilito, il banco dei pegni si paga vendendo gli oggetti. Durante l'assedio di Parigi, la povertà si è diffusa a tal punto che la vendita di oggetti in pegno è stata sospesa. La Comune prolunga immediatamente questa sospensione e progetta l'abolizione totale dei banchi di pegno, che considera immorali. Ma non è così semplice perché, come fa notare Frankel, "quando i banchi dei pegni saranno sgombri di oggetti, dopo due settimane la miseria sarà ancora la stessa". Prima, dice, bisogna trovare lavoro per gli operai e gli artigiani. Nel frattempo, viene adottata una misura transitoria: tutti gli oggetti di piccolo valore, fino a 20 franchi, saranno restituiti gratuitamente a coloro che lo richiederanno.

La Comune intraprende la riorganizzazione dei servizi ospedalieri. Prevede un sistema di aiuti in caso di disoccupazione e malattia. Prende anche in carico le vedove e i figli delle guardie nazionali uccise in combattimento e decide che alleverà gli orfani a sue spese. In generale, dichiara che l'aiuto ai bisognosi non deve più essere "un'elemosina" ma "un dovere per noi, agenti del popolo, di alleviare la sua miseria, di sostenere il suo coraggio, con i nostri sforzi perseveranti".

Uguaglianza e istruzione per tutti!

L'uguaglianza è cara al cuore dei comunardi, che considerano che deve essere uno dei principi fondamentali della Repubblica.

Anche se non tutti hanno idee avanzate sull'uguaglianza tra uomini e donne, tuttavia sono subito ben più avanti della borghesia in questo campo. Tra l'altro, al contrario della morale benpensante, la Comune considera che le coppie non sposate non sono meno legittime delle altre. Le mogli delle guardie nazionali ricevevano una paga di complemento, la Comune concede la stessa indennità alle donne "illegittime". Decreta anche per la prima volta l'uguaglianza dei salari per gli insegnanti maschi e femmine, considerando "che le esigenze della vita sono numerose e imperative per le donne tanto quanto per gli uomini; e che in termini di educazione, il lavoro delle donne è uguale a quello degli uomini".

I comunardi volevano un futuro migliore per i loro figli. Le misure della Comune nel campo dell'educazione sono particolarmente rivelatrici dei suoi ideali e del suo entusiasmo per il progresso.

La legge Falloux del 1850 aveva incoraggiato la moltiplicazione delle scuole confessionali, di cui il numero era raddoppiato in vent'anni, mentre l'insegnamento laico era in abbandono. Il clero manteneva l'oscurantismo e una morale di rassegnazione. Per questo l'anticlericalismo era molto esteso tra i comunardi, soprattutto tra le donne che vedevano i loro figli abbandonati ai "gendarmi in tonaca" (l'espressione è di Lenin). Di conseguenza la Comune decreta, dieci anni prima della borghesia, l'istruzione laica gratuita e obbligatoria.

Il metallo prezioso di crocifissi, Madonne e altri oggetti viene raccolto nelle chiese e inviato alla Zecca per essere fuso e riutilizzato. Molte chiese sono occupate da club per le riunioni serali, decorate con bandiere rosse.

Vaillant, il delegato per l'educazione, trasforma uno stabilimento gesuita nel centro di Parigi in un centro laico di educazione professionale. La Comune sviluppa l'idea che un'educazione completa deve includere una doppia formazione, intellettuale e professionale.

Infine, un decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 maggio afferma: "La somma delle conoscenze umane è un fondo comune dal quale ogni generazione ha il diritto di attingere, con la sola condizione di aumentare il capitale scientifico accumulato dalle epoche precedenti a beneficio delle generazioni future. L'istruzione è dunque un diritto assoluto per il bimbo e la sua distribuzione un dovere pressante della famiglia, o se non c'è della società". Dice anche: "Insegnare al bimbo ad amare e rispettare i suoi simili; ispirare in lui l'amore per la giustizia; insegnargli anche che deve educarsi in vista dell'interesse di tutti: questi sono i principi di moralità su cui d'ora in poi poggerà l'educazione pubblica comunale".

Si può paragonare questo ideale alla mentalità ristretta di un Flaubert, scrittore borghese che odia la Comune, lotta contro il suffragio universale e l'istruzione popolare e dice: "L'istruzione gratuita obbligatoria non farà altro che aumentare il numero degli imbecilli... La cosa più urgente è educare i ricchi, che, insomma, sono i più forti". Queste parole la dicono tutta: da un lato c'è la borghesia, pronta a tutto per mantenere il suo ordine sociale, per mantenere gli sfruttati nella miseria e nell'ignoranza, e per massacrarli senza pietà quando alzano la testa; Dall'altro c'è il proletariato, che da perdere ha solo le sue catene e che nello stesso momento in cui lotta per liberarsene lotta per l'emancipazione del genere umano.

La Banca di Francia e il rispetto della legalità

Rimane una questione che poi ha dato luogo a molte discussioni, quella del modo in cui la Comune finanziò la sua azione e si comportò con le banche.

Per finanziare le riforme o anche solo lo stipendio delle guardie nazionali, che non avevano altri mezzi di sussistenza per sé e per le loro famiglie, bisognava trovare denaro. Ma la Comune, d'altra parte tanto audace, si ferma qui alle porte della proprietà privata. Fino alla fine rifiuta di forzare le porte della Banca di Francia per prendere i soldi laddove sono. Invece, dopo il 18 marzo, invia una delegazione al suo governatore, e tra l'altro anche a Rothschild, per chiedere gentilmente fondi da mettere a disposizione della Comune. I banchieri fanno presto a soddisfare la richiesta, stupiti e sollevati che i loro stabilimenti non siano semplicemente commissariati.

Più volte, la Comune presenta le sue richieste alla Banca di Francia, e più volte ottiene soddisfazione. Ma, a ben guardare, la Banca ha pagato alla Comune un totale di venti milioni di franchi, di cui quasi la metà apparteneva già alla città di Parigi. Ora ha in riserva nei suoi forzieri tre miliardi in contanti, banconote, titoli, gioielli e lingotti. I delegati della Comune, troppo rispettosi della proprietà privata, influenzati dalle idee della piccola borghesia, non volevano essere accusati di alcun "furto". Eppure, allo stesso tempo, attraverso le sue filiali provinciali, la Banca di Francia fornì a Versailles 257 milioni, dieci volte di più di quanto aveva concesso alla Comune, che furono utilizzati per finanziare l'esercito di Versailles.

Sequestrare la Banca di Francia, comprese le fortune private della borghesia, non solo avrebbe dato alla Comune più mezzi, di cui aveva un gran bisogno. "La Banca nelle mani della Comune - Engels scriverà - valeva più di diecimila ostaggi. Significava che tutta la borghesia francese faceva pressione sul governo di Versailles per fare la pace con la Comune".

Per tutta la vita, i proletari sono educati al rispetto della legalità. Vi sono molto più sensibili degli stessi borghesi, che trovano mille e un modo per aggirarla quando gli conviene. Agli sfruttati viene così inculcato il rispetto dell'ordine stabilito. In realtà, le leggi e le istituzioni statali che le fanno rispettare sono fatte in modo che il dominio dei ricchi non sia mai messo in discussione. Il proletariato, se vuole impugnare la lotta contro questa dominazione, deve rompere con questo rispetto della legalità borghese. Il ruolo dei rivoluzionari è di accelerare la presa di coscienza dei lavoratori e di dare loro un programma d'azione: il proletariato non deve mettersi alla mercé di una classe dirigente che non si preoccupa mai della legalità quando si sente minacciata.

"La grande misura sociale della Comune fu la sua propria esistenza e la sua azione. Le sue misure particolari potevano solo indicare la tendenza di un governo del popolo dal popolo".

Karl Marx, la guerra civile in Francia

La Comune, diventata simbolo della lotta di classe tra il proletariato e la borghesia

La Settimana di sangue

In tutto, la Comune è durata 72 giorni, falciata in piena vita. Dopo settimane di bombardamenti e combattimenti, le truppe di Versailles riescono ad entrare a Parigi. Durante la settimana di sangue, dal 21 al 26 maggio 1871, fucilano a pieno ritmo e senza alcun processo tutti i parigini sorpresi con le armi in mano, sospettati di aver partecipato alle barricate o semplicemente giudicati per la loro faccia, la loro ostilità verso i soldati, il loro aspetto e i loro poveri vestiti. Sparano proiettili incendiari contro i quartieri popolari, provocando i primi incendi della città, che poi accuseranno i comunardi di aver innescato perché, nella loro disperata ritirata, anche questi ultimi incendiarono degli edifici.

Tuttavia, ci vorranno cinque giorni interi per conquistare tutte le barricate che si trovano davanti ai soldati. Trasformano allora il cimitero del Père-Lachaise, Montmartre, i giardini del Luxembourg e altri posti in luoghi d'esecuzione, notte e giorno. Non risparmiano né donne né bambini. Molte testimonianze hanno immortalato certe scene, come quella in cui un ragazzo di 15 anni, catturato su una barricata, torna davanti a un plotone d'esecuzione quando potrebbe fuggire. Tutta la rabbia della borghesia viene espressa anche nell'assassinio di Varlin: riconosciuto per strada, trascinato a Montmartre, fischiato e picchiato per strada dalle borghesi e i borghesi. Sfigurato e in agonia, viene fucilato su una sedia.

In pochi giorni, i giardini e i cimiteri sono invasi da cadaveri ammucchiati uno sull'altro. Il massacro cessa solo per paura del colera che minacciava di diffondersi.

Ancora oggi gli storici discutono su quante migliaia di comunardi siano stati realmente uccisi. I generali dell'esercito di Versailles, da parte loro, parlano di 17.000 fucilati. E la repressione non finisce lì. Dopo la settimana di sangue, 40.000 sopravvissuti al massacro sono arrestati. Circa 10.000 di loro sono condannati dai consigli di guerra e 4.000 sono deportati nelle galere della Nuova Caledonia. Diverse migliaia di donne e uomini che riescono a scappare dai versagliesi prendono le strade dell'esilio.

L'odio di classe della borghesia

La Comune di Parigi ha risvegliato l'odio di classe della borghesia. Questo odio che, in tempi di calma politica e sociale, si nasconde sotto una patina di cultura, diritto, morale filosofica e religiosa, gusto per le arti e le mondanità, riemerge non appena gli sfruttati alzano la testa.

Questa reazione è palese negli scritti dei più talentuosi scrittori borghesi. Zola, il 27 maggio, descrive senza mezzi termini le strade della capitale: "Non dimenticherò mai il terribile strazio che ho provato quando ho visto questa massa di carne umana insanguinata, gettata a caso sull'alzaia. Teste e arti si mescolano in orribili dislocazioni. Dal mucchio emergono volti convulsi, assolutamente grotteschi, che sembrano ridacchiare con le loro bocche nere e aperte. I piedi si trascinano, ci sono morti che sembrano essere tagliati in due, mentre altri sembrano avere quattro gambe e quattro braccia. Ah, la lugubre fossa comune". Ma questo non gli impedisce di concludere: "Quale lezione per i popoli vanagloriosi e in cerca di battaglie!" Per Zola, come per tutta la borghesia, i comunardi meritano la loro sorte. Tre giorni prima, lo scrittore aveva salutato l'entrata dei versagliesi a Parigi con queste parole: "Sia compiuta l'opera di purificazione!" E, riferendosi al rischio di colera alla fine dei combattimenti, scrive ancora: "Anche nella loro putrefazione questi miserabili ci faranno del male".

L'odio della borghesia perseguirà i comunardi per molti anni. Condannati dai consigli di guerra, gli si nega lo status di prigionieri politici e sono trattati come criminali comuni. Tonnellate di calunnie saranno riversate sulla Comune. Solo nel 1880 la Terza Repubblica si sentirà abbastanza forte da concedere un'amnistia ai comunardi. Un'amnistia, in altre parole, un perdono dagli assassini alle loro vittime. Venendo a sapere che gli sarebbe stata concessa l'amnistia, Albert Goullé, giornalista di Le Cri du Peuple (Il grido del popolo), scrive al Ministero di Giustizia: "Poiché non mi riconosco come un criminale, ci tengo che voi non presumiate che io sia pentito e che mi infliggiate il flagello della vostra grazia. Tra Versailles e la Comune, non è la Comune, ma Versailles che deve essere perdonata".

Jean-Baptiste Clément, un sopravvissuto ai massacri, scrisse un pamphlet in risposta all'amnistia, La Revanche des Communeux, in cui esclama: "Non si può decretare l'oblio... Che i carnefici lo chiedano è comprensibile; ma che le vittime lo concedano sarebbe un'ingenuità troppo evangelica. Il ricordo di tale massacro deve, al contrario, essere trasmesso da padre in figlio per preparare la rivincita".

L'odio della borghesia era quello di una classe che, appena arrivata al vertice della società, si sentiva già minacciata dal proletariato creato dallo sviluppo del modo di produzione capitalista, e dalla sua frazione avanzata, il movimento socialista. Marx aveva già scritto che il capitale era venuto al mondo "sudando sangue e fango da ogni poro". Dopo i massacri del giugno 1848 a Parigi, la repressione della Comune mostrava ancora una volta, allo stato grezzo, il vero volto del capitalismo.

La bandiera rossa dei lavoratori

Così, per la prima volta nella storia, i proletari avevano preso in mano le redini del potere, ed è giusto che i simboli della Comune siano diventati i segnali di raduno dei lavoratori rivoluzionari di tutto il mondo.

Il primo di questi simboli è la bandiera rossa, una bandiera che appare dalle prime lotte del proletariato, rifiutata nel 1848 dalla borghesia repubblicana, e che la Comune ha scelto. I suoi rappresentanti eletti indossavano una sciarpa rossa. Ed era consuetudine che i battaglioni della Comune marciassero fino al Palazzo di Città con la loro bandiera rossa prima di andare in battaglia.

Il giorno della proclamazione della Comune, il 28 marzo 1871, la bandiera rossa e quella tricolore sventolavano ancora insieme a Parigi. Ma dopo i primi attacchi versagliesi, il 7 aprile, i rappresentanti del 12° distretto pubblicano il seguente decreto: "La bandiera della Comune, la bandiera rossa, sarà sventolata immediatamente su tutti i monumenti pubblici del distretto. Nessun edificio privato sarà decorato con altra bandiera che quella della Comune; di conseguenza, i cittadini dovranno rimuovere al più presto la bandiera tricolore che, dopo essere stata quella della Rivoluzione, la sua gloria, dopo essere stata sporcata da tutti i tradimenti e tutte le vergogne della monarchia, è diventata la bandiera appassita degli assassini di Versailles. La Francia comunarda la ripudia".

Dopo la settimana di sangue, il governo borghese abbatte le bandiere rosse e ripristina la bandiera tricolore sul frontone degli edifici ufficiali e sulla porta dei penitenziari dove ha rinchiuso i comunardi. Così, i simboli hanno la loro importanza e, dopo la Comune, la classe operaia non può più associare bandiere che erano sui lati opposti delle barricate nel 1871.

Neanche può cantare in coscienza La Marsigliese al pari de L'Internazionale. Fu dopo la settimana di sangue che Eugène Pottier, membro eletto della Comune che stava fuggendo per scappare ai Consigli di guerra, scrisse le parole de L'Internazionale. Questa canzone, che rappresenta quasi da sola il programma della lotta del proletariato contro la borghesia, è diventata giustamente il canto dei lavoratori.

I rappresentanti della borghesia non sbagliano quando odiano sia la bandiera rossa che L'Internazionale. E non è un caso se riformisti e opportunisti di ogni genere mantengono la confusione mescolando questi simboli di classi sociali nemiche.

"Le nostre sconfitte ci insegnino a vincere!" (J-B Clément)

Schiacciando la Comune, la borghesia sperava di uccidere l'idea di una Repubblica universale portata dai comunardi. "Ecco con cosa pensavano", si dice che un ufficiale abbia detto, "mentre rimescolava i cervelli rovesciati per terra con la punta del suo stivale". "Uno dei generali massacratori, Galliffet, futuro ministro della Repubblica, fece fucilare un centinaio di prigionieri dai capelli bianchi, dicendo loro: "Voi, che avete visto le giornate del 48, siete più colpevoli degli altri". Adolphe Thiers, capo del governo di Versailles, esclamò: "Ora è tutto finito per il socialismo, e per molto tempo!" Ma lo sviluppo del proletariato era appena iniziato.

Jean-Baptiste Clément ha scritto : "I nostri morti ci devono insegnare a vivere, così come le nostre sconfitte ci devono insegnare a vincere!" e aggiungeva: "Non basta avere un cervello imbottito di ottimi argomenti, di progetti e risoluzioni più o meno economiche; non basta nemmeno essere armati fino ai denti, avere a disposizione arsenali, cannoni, mitragliatrici e munizioni, se manca il senso pratico della rivoluzione".

Ai comunardi non mancava né il coraggio né l'iniziativa per intraprendere la trasformazione della società. In due mesi, hanno mostrato la strada su questioni essenziali. Ma non erano consapevoli dei pericoli che li minacciavano, né dei mezzi per fronteggiarli.

La loro lotta permise a Marx di elaborare le conclusioni che pronunciò, già il 30 maggio, nel suo discorso al consiglio generale della AIT, La guerra civile in Francia. Fece sì che i partiti operai rivoluzionari che si sarebbero sviluppati qualche anno dopo si costruissero su nuove basi e facessero un nuovo passo. Non a caso Lenin ne Lo Stato e la Rivoluzione, scritto alla vigilia della Rivoluzione d'Ottobre nell'agosto 1917, diede ampio spazio all'esperienza del 1871.

Conclusione

Al giorno d'oggi, la Comune suscita ancora polemiche ma, parafrasando Marx, la storia si ripete ormai sotto forma di farsa! Recentemente, all'ormai ben innocuo consiglio comunale di Parigi, un eletto di destra ha protestato contro una sovvenzione concessa all'associazione delle Amiche e Amici della Comune di Parigi 1871, che ne mantiene la memoria. Secondo lui, l'associazione glorifica "gli incendi della Comune che devastarono interi settori della capitale". Sembra di sentire i versagliesi di 150 anni fa, quando loro stessi avevano provocato la guerra civile e messo Parigi a ferro e fuoco!

Questo politico di destra ha anche evocato "i dieci milioni di francesi che hanno partecipato alla sottoscrizione nazionale per la costruzione del Sacro Cuore". Il monumento, che si trova simbolicamente sulla collina di Montmartre dove i generali Lecomte e Thomas furono fucilati il 18 marzo 1871, fu costruito nel 1875. I suoi promotori erano infatti nemici della Comune. Uno di loro scrisse quando fu posta la prima pietra: "Il giorno in cui un'assemblea votò la costruzione di una chiesa [...] sul luogo delle ultime batterie di cannoni strappate all'insurrezione, tutti coloro che amavano la religione e la loro patria erano pieni di gioia". Era il ritorno in forza della Chiesa. Parigi doveva espiare i suoi crimini ed è chiaro che, secondo alcuni, non ha ancora finito di farlo.

A sinistra, naturalmente, si difende la Comune. Ma bisogna dire che si celebra questa rivoluzione tanto più volentieri perché è stata sconfitta. Al consiglio comunale, un'eletta del Partito comunista francese (PCF) ha giustamente citato i "passi in avanti" della Comune, ma non ha detto una parola per ricordare che all'epoca il proletariato era al potere e in armi, anche se è stato quello, e solo quello, a permettere questi passi.

Marx ed Engels hanno insistito su questa conclusione: il proletariato non può accontentarsi di voler fare le riforme, né di prendere l'apparato statale della borghesia così com'è, per uso proprio. Deve spezzarlo e sostituirlo con il suo proprio stato. Altrimenti, ogni progresso sarà sempre minacciato di essere spazzato via con la forza il giorno dopo.

Lo Stato, in generale, nasce dalle disuguaglianze sociali, è innanzitutto un apparato di repressione. Anche quando prende in mano compiti necessari e utili per il funzionamento di tutta la società, non è mai neutrale, è sempre al servizio della classe dominante, che ne ha bisogno per mantenere il suo ordine sociale. A differenza degli anarchici, i marxisti sanno che è impossibile abolire semplicemente lo stato al momento della rivoluzione. Il proletariato, facendo la rivoluzione, deve prima assumere la direzione della società. In altre parole, ha bisogno del proprio stato per imporre alla borghesia le trasformazioni economiche che permetteranno la scomparsa delle classi sociali.

Ma la rivoluzione proletaria avrà un carattere diverso dalle rivoluzioni del passato, perché il proletariato non aspira a prendere il posto delle vecchie classi dirigenti. È la classe dei produttori che vuole liberarsi dalle catene dello sfruttamento, rendere impossibile lo sfruttamento abolendo la proprietà privata dei mezzi di produzione. Quando i lavoratori faranno la rivoluzione, lo stato che creeranno sarà diverso dagli altri, perché sarà al loro servizio e dipenderà da loro. Questo è ciò che la Comune ha intrapreso, per la prima volta, con i suoi rappresentanti operai, eletti, responsabili e revocabili in qualsiasi momento, pagati allo stesso livello dei lavoratori qualificati. "Guardate la Comune di Parigi", disse Engels: "questa era la dittatura del proletariato!"

Più la rivoluzione andrà avanti, più l'economia si svilupperà in direzione del comunismo, più i compiti che oggi sono ancora controllati dallo stato potranno essere svolti democraticamente dalla popolazione stessa, attraverso organismi che non avranno più nulla di repressivo.

Secondo noi, il miglior modo di rendere omaggio alla Comune e difendere la sua memoria è continuare la sua lotta. Centocinquant'anni dopo, ci colpisce constatare quanto i comunardi ci sembrano vicini, soprattutto quelli che già si dichiaravano socialisti, che erano militanti e organizzatori del proletariato, spesso membri della Prima Internazionale. Nel nostro mondo attuale, potremmo riprendere quasi parola per parola ciò che disse Varlin al secondo processo dell'AIT a Parigi nel maggio 1868, che interpellava i giudici a nome di tutti gli imputati:

"L'antichità è morta per aver tenuto la ferita della schiavitù nei suoi fianchi; l'epoca moderna avrà le ore contate se non terrà meglio conto della moltitudine, e se persisterà nel credere che tutti debbano lavorare e imporre privazioni a se stessi per procurare il lusso a pochi. [...] Finché un uomo potrà morire di fame alla porta di un palazzo dove tutto abbonda, non ci sarà nulla di stabile nelle istituzioni umane. Mettete il dito sull'epoca attuale, vedrete un odio sordo tra la classe che vuole conservare e la classe che vuole riconquistare; vedrete una recrudescenza delle superstizioni che si pensava fossero state distrutte dal XVIII secolo; vedrete ovunque egoismo sfrenato e immoralità; questi sono segni di decadenza; la terra sta crollando sotto i vostri piedi; state attenti!"