La sostituzione degli operai dagli "esclusi" nell'ideologia riformista (e estremista)

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Da "Lutte de Classe" n° 57 (La sostituzione degli operai dagli "esclusi" nell'ideologia riformista - e estremista)
31 marzo 2001

Già da venti anni, i partiti politici, perfino quelli di sinistra, perfino quelli estremisti, non parlano più di classe operaia e neppure di lavoratori. La conscienza di classe è forse sparita o in regresso nel mondo del lavoro, e i padroni, il governo, hanno fatto di tutto perciò, perché questo è il loro compito. Ma i partiti politici di sinistra, ed anche quelli che si sono rivendicati dell'estrema sinistra, li hanno aiutati. La responsabilità principale tocca ovviamente al PCF che da tanto tempo non parla più di classi sociali ma le nasconde sotto la parola di cittadinanza. Non ci sono più né operai né borghesi, ma solo cittadini. Forse tutti uguali ? Da tutto questo risulta che a sinistra, e perfino all'estrema sinistra (o quello che ne fa funzione), non si parla più come di una priorità, della lotta contro la borghesia, della lotta contro il capitalismo, dell'espropriazione degli strumenti materiali e finanziari che permettono a questa classe sociale di dominare l'economia, di farl funzionare per il proprio uso, cioè per i suoi profitti, a discapito dell'intera società.

No, oggi si parla di lottare contro la "globalizzazione", il "liberismo" o addirittura "la globalizzazione liberale", tutte parole che mirano a denunciare, senza speranza, alcuni aspetti del capitalismo attuale. Ciò permette di nasconderne le vere cause, le responsabilità, sotto sovrastrutture che non stanno nemmeno alla base delle attuali catastrofe sociali, quali la sfrenata speculazione borsistica, gli acquisti e rivendite o chiusure d'imprese, le rigide legislazioni internazioli, che non lo sono più della legge stessa del capitale internazionale, cioè in primo luogo, per quanto ci riguarda, il capitalismo francese, se questa parola ha un senso. Tutti quelli che lottano contro la "globalizzazione", che è un vecchio fenomeno e il cui opposto è rappresentato dalle barriere doganali, si iscrivono nella stessa propaganda - non si puo veramente parlare di lotta - che il PCF faceva negli anni cinquanta contro "il capitale e i trust americani".

Questo equivale a sviare i lavoratori dalla vera lotta da condurre e, sopratutto, dalla coscienza della loro classe.

Questo linguaggio si ritrova nei testi della LCR (Lega Comunista Rivoluzionaria), in quelli dei Verdi, dalle parti di Robert Hue (dirigente del PCF)...

Per esempio, Alain Krivine (dirigente LCR), in un'intervista radiofonica del 23 marzo, dichiarava tra l'altro : "Noi pensiamo che si comincia ad andare verso la prospettiva che è quella di tanta gente, di riuscire a costruire un nuovo partito in Francia, una nuova forza politica che sia anticapitalistica, femminista, ovviamente internazionalista e che sia anche ecologista, e penso che ci siano in Francia, migliaia e migliaia di gente che aspettino la creazione di tale partito".

Infatti, in un articolo critico diretto contro LO (in Rouge dell'8 marzo), un redattore di Rouge, giornale della LCR scriveva : "Nell'editoriale di Lutte Ouvrière del 2 marzo, Arlette Laguiller scrive questo : "Noi vogliamo dare la possibilità alla popolazione lavoratrice, col votare per Lutte Ouvrière, l'unico partito che sia oggi il partito degli operai, il partito delle lavoratrice e dei lavoratori, di dire che rifiuta la politica che sacrifica i lavoratori a profitto dei più ricchi".

"L'unico partito che sia oggi il partito degli operai" (...) Questo ci rammenta brutti ricordi perché abbiamo sentito durante lunghi anni questa musica, da parte dei partiti comunisti stalinisti. Speriamo che questa affermazione sia solo un eccesso o un'esagerazione da campagna elettorale. Perché, molto fortunatamente, ci sono altre forze politiche e sociali che difendono tanto quanto LO gli interessi degli sfruttati e degli opressi. E l'obiettivo nei prossimi mesi, nelle scadenze elettorali ma anche e soprattutto nelle lotte e le mobilitazioni, è appunto di trovare i mezzi per raggruppare politicamente, in ogni occasione, quelle e quelli che cercano un'alternativa anticapitalistica ai partiti della sinistra di governo".

Come lo si può leggere, questo redattore, quando noi parliamo di partito degli operai, risponde con "altre forze politiche e sociali" che "cercano un'alternativa anticapitalistica".

Quali sono dunque queste forze politiche e sociali ? E perché non scrivere "operai" e "lavoratori" ? E' forse una cosa che scotta ? Però è ben questa parola che scriveva Arlette Laguiller, e siamo gli unici a collocarci politicamente su questo terreno.

In quanto a Robert Hue, dichiarava in un'intervista lunga quattro pagine nell'Humanité del 23 marzo : "Come non vedere che ci sono forze in Europa, nel mondo e, ovviamente anche in Francia, che affermano, con sempre più vigore, un antiliberismo non solo "ideologico" ma anche concreto, perché gli uomini e le donne che ne fanno parte vedono il capitalismo globalizzato come ostacolo maggiore alla soddisfazione delle loro rivendicazioni sociali e di cittadini" (...) "ci sono forze antiliberali, anticapitalistiche e ne facciamo parte che si esprimono e cercano di proporre nuove soluzioni ai problemi che conosce la nostra società" (...) "Perché la sinistra risponda alle attese popolari, bisogna modificare a favore di soluzioni alternative alla logica del capitalismo globalizzato, il rapporto di forze nel paese, affinché si modifichi anche nella maggioranza e nel governo".

Che armonia tra LCR e PCF... e tanti altri.

Il corollario di tutto questo è il fatto che nel linguaggio politico, non ci sono più né sfruttati, né operai, né lavoratori, ma ci sono soprattutto poveri, disoccupati, esclusi, senzatetti, senza documenti, ecc. E' vero che tutti questi sono tragicamente numerosi, però sotto il pretesto che sono loro i più disgraziati, sono serviti loro malgrado e senza che nessuno abbia chiesto il loro parere, ad occultare la presenza nel paese di millioni di sfruttati non ancora marginalizzati ma che potrebbero esserlo. Il discorso "di sinistra", o addirittura "estremista" ha posto una divisione sempre più grande tra quelli che hanno la "fortuna" di lavorare e quelli che, perdendo il lavoro avrebbero anche perso la propria dignità.

Non nel discorso "estremista", ma in quello "di destra", della sinistra o degli ecologisti, si può spesso sentire l'idea che chi ha un posto di lavoro non deve lamentarsi rispetto agli "esclusi" che non ne hanno. Così, Noël Mamère (deputato verde) dichiarava nel giornale France Soir del 23 marzo :

(il governo) "deve produrre una nuova offerta sociale riguardo questa categoria di Francesi senza lavoro o con un lavoro che non ha scelto. L'esistenza di quattro millioni di poveri in questo paese non è accettabile, soprattutto per un governo di sinistra. Eé questa gente che si è astenuta nelle elezioni. Non crede più nella sinistra. Bisogna risolvere i problemi di formazione, di qualifica, d'inserimento. Cosa si fa per i giovani tra i 18 e i 25 anni che non hanno niente, nessuna formazione ? Come la Repubblica ed il diritto possono tornare nelle periferie delle grandi città ? Ecco i problemi essenziali ai quali bisogna rispondere". Alla domanda del giornalista : "Lei chiede al governo di spostarsi a sinistra ?", Noël Mamère rispondeva : "No, non si tratta di spostamento a sinistra, ma di spostamento cittadino. Invece di dare un credito d'impiego a chi lavora, sarebbe meglio rafforzare il dispositivo d'inserimento, per evitare di aumentare le disuguaglianze tra chi ha un lavoro e chi non ne ha".

Le "disuguaglianze" tra chi ha un lavoro e chi non ne ha sono le uniche disuguaglianze che questo "Verde" distingue in questa società.

Tra un operaio metalmeccanico che prende la macchina per andare e tornare dal lavoro ed un direttore d'azienda che utiliza i rollers per recarsi al suo, la sua simpatia è certamente dalla parte del direttore.

La sinistra socialista, portata al potere nel 1981, è stata soddisfatta assai da questa evoluzione. Migliorare la condizione operaia e quella dei salariati in generale avrebbe significato imporre aumenti di stipendio ai padroni, il che, in quanto leale gestore della borghesia, non desiderava ne poteva fare. Al contrario, la politica del governo di sinistra è stata di facilitare le cose ai padroni. Da una parte pagava i padroni col denaro pubblico perché assumino lavoratori o almeno non licenzino, il che si è rivelato un investimento perduto ; e dall'altra parte, pagava i danni sempre col denaro pubblico provocati dai licenziamenti, dall'esclusione, dalla marginalizzazione dovuta al ribasso o alla scomparsa di ogni reddito. Da quel tempo, la borghesia si è arricchita e gli "esclusi" di ogni genere sono diventati l'unica categoria sociale di cui i sociologhi, la "sinistra" e "l'estrema sinistra" consentono di parlare, benché gli esclusi non abbiano appunto nessuna possibilità di prendersela con i padroni, al contrario della classe operaia.

Essendo gli operai spariti dal linguaggio dei sociologhi e dei partiti di sinistra, si è finalmente concluso che erano anche spariti nel paese. L'hanno pensato loro stesso, giacché lì sta proprio il regresso della coscienza di classe ! E tanti lavoratori, impiegati ad esempio, si stupiscono di essere considerati come lavoratori.

Tuttavia, ci sono in Francia più di sei millioni di operai al lavoro (6,3 millioni). Dopo di essere diminuito, questo numero da tre o quattro anni, è aumentato. Gli operai rappresentano il 27 % dei posti di lavoro. E si tratta di operai veri e propri poicché tra di loro, la parte dei lavoratori sulle catene, o di lavori a turni è aumentato. Il direttore giapponese della nuovissima e modernissima fabbrica Toyota sistemata da poco nel Nord della Francia, ha dichiarato poco fa alla radio che la robotizzazione era stata sovrastimata e che il lavoro rimarà essenzialmente manuale.

Il numero di operai è però diminuito negli anni precedenti da 25 anni ma una grande parte di quelli che non sono più contabilizzati come "operai" sono prepensionati o diventati impiegati con reddito e status sociale non superiori. Fanno la stessa vita, negli stessi quartieri e, a volte, nella stessa casa. Se si aggiungono questi impiegati all'immensa popolazione operaia, si arriva a dieci o dodici millioni di adulti che sono, nel senso vero della parola, proletari, cioè una forza sociale alla misura del suo numero e della sua parte nell'economia.

Sono loro, e solo loro, che possono fare da leva per cambiare la società. Per questo tutti quelli che, a sinistra o all'estrema sinistra, esprimono le pulsioni, le ultime mode della piccola borghesia, intellettuale o no (la mentalità della piccola borghesia puo anche contagiare la classe operaia), finiscono nel campo degli avversari perché rinunciano a lottare perché la coscienza di essere una classe sociale opposta in modo radicale alla classe borghese, la coscienza di classe, la solidarietà del mondo del lavoro, rimangano vivaci almeno tra una minoranza di lavoratori.

E' questa la battaglia, fra le altre, ma in ogni circostanza, che conducono i militanti di Lutte Ouvrière.

Per questo Arlette Laguiller inizia tutte le sue relazioni con il saluto "Lavoratrici, lavoratori". Tanti la prendono in giro per questo ma né lei, né noi ci preoccupiamo delle cose che sono di moda.

Ed è anche per questo che tutte le dichiarazioni d'intenti dei nostri candidati in queste elezioni amministrative iniziavano così :

"Lavoratrici, lavoratori,
Al contrario dei partiti o dei candidati che fanno finta di rivolgersi a tutti, ricchi o poveri, sfruttatori o sfruttati, noi rifiutiamo la formula stereotipata "Elettrici, elettori", o addirittura "Cittadine, cittadini" !
Sarebbe far finta di credere che quelli che sono disoccupati, o che avendo un lavoro fanno fatica a guadagnarsi la vita, e quelli che costruiscono la loro ricchezza sfruttando i loro operai e impiegati, non hanno interessi e preoccupazioni assolutamente opposti. Non si può rivolgersi ad ambedue, o addirittura pretendere di difenderli tutti e due nello stesso tempo, senza mentire !
Ecco perché con Arlette Laguiller, noi ci rivolgiamo in particolare ai lavoratori salariati, cioè a tutti quelli che non sfruttano nessuno, che lavorano o hanno lavorato, disoccupati, operai, impiegati, salariati del settore pubblico o dei servizi pubblici e tutti quelli le cui pensioni sono minacciate perché sono i loro interessi vitali che vogliamo difendere contro gli attachi dei padroni e dello Stato".

Infatti, il Partito che vogliamo costruire, che manca per combattere i flagelli di questa società e finalmente cambiarla, è un partito che si affidi risolutamente alla coscienza di classe del mondo del lavoro, sperando che gli intellettuali più coscienti, dediti e modesti, vi si associno. Costruire un partito opportunista in più non servirebbe a niente, ce ne sono già abbastanza in questo paese.